Il danno da insidia stradale è da diversi anni oggetto di innumerevoli controversie negli uffici giudiziari italiani.
Per tale motivo, risulta particolarmente copiosa la produzione giurisprudenziale al riguardo. Dalle pronunce dei giudici che si sono susseguite nel tempo, la dottrina ha cercato di estrarre gli orientamenti principali, al fine di definire in maniera univoca i contorni della materia, con riguardo ai suoi aspetti fondamentali. Si è, pertanto, cercato di dare una definizione esauriente di insidia stradale e nel contempo di inquadrare nella maniera più corretta la responsabilità dell’ente proprietario della strada, quando si verifichi un danno in corrispondenza di un’anomalia della stessa.In virtù di questi studi, possiamo oggi definire l’insidia come il pericolo non visibile e non prevedibile presente sulla strada, mentre, riguardo alla responsabilità dell’ente proprietario, si è registrato negli anni scorsi un significativo cambio di orientamento dei giudici nostrani.
Inizialmente, infatti, si tendeva a considerare la responsabilità dell’ente come extracontrattuale, ex art.2043 c.c.. Di conseguenza, era a carico del danneggiato l’onere di fornire la non facile prova della colpa dell’amministrazione proprietaria.
Dopo due pronunce spartiacque della Cassazione civile n.298/2003 e n.488/2003 , invece, si è definitivamente affermata la tesi secondo cui l’ente proprietario risponde dei danni verificatisi sulla sede stradale in quanto custode della stessa, ex art.2051 c.c..
La novità non è stata certo di poco conto, poiché, in sostanza, la responsabilità dell’amministrazione diventa di tipo oggettivo, e il compito probatorio del soggetto danneggiato, che non deve più provare la colpa dell’ente, si alleggerisce in maniera sensibile.
Ciò non significa, però, che questi possa ritenersi esonerato dal fornire qualsivoglia prova in merito all’accaduto. Non è certo sufficiente, infatti, che un soggetto alleghi il verificarsi di un evento dannoso in corrispondenza di un’insidia stradale, per poter presumere la sussistenza di colpa in capo all’amministrazione.
Per richiedere la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno a titolo di custodia, infatti, il danneggiato deve prima dimostrare l’esistenza di un nesso eziologico tra il danno stesso e l’insidia stradale. Egli, cioè, dovrà dimostrare che il danno e l’insidia sono legati tra loro da un rapporto di causalità. Nel far ciò, si dovrà dimostrare in maniera oggettiva la pericolosità dell’insidia, con riferimento alle specifiche circostanze del caso concreto.
Solo nel caso in cui venga fornita tale prova dal danneggiato, l’onere della prova passa in capo all’ente proprietario. Nello specifico, quest’ultimo, per andare esente da responsabilità, sarà chiamato a dimostrare l’esistenza di una delle seguenti circostanze: che l’evento dannoso sia dipeso dal fatto del danneggiato o che fosse configurabile una circostanza ascrivibile al caso fortuito, tale da rendere sostanzialmente inattuabile il dovere di custodia nel caso concreto.
Giurisprudenza:
– Cass.Civ. n.26751/2009 “Chi proponga domanda di risarcimento dei danni da cose in custodia, ai sensi dell’art.2051 cod. civ., in relazione alle condizioni di una strada (…) ha l’onere di dimostrare le anomale condizioni della sede stradale e la loro oggettiva idoneità a provocare incidenti del genere di quello che si è verificato. E’ onere del custode convenuto in risarcimento, invece, dimostrare in ipotesi l’inidoneità in concreto della situazione a provocare l’incidente, o la colpa del danneggiato, od altri fatti idonei ad interrompere il nesso causale fra le condizioni del bene ed il danno.”.
– Cass.Civ. n.22419/2017 “L’ente proprietario d’una strada aperta al pubblico transito risponde ai sensi dell’art.2051 cod. civ., per difetto di manutenzione, dei sinistri riconducibili a situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, salvo che si accerti la concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo. Nel compiere tale ultima valutazione, si dovrà tener conto che quanto più questo è suscettibile di essere previsto e superato attraverso l’adozione di normali cautele da parte del danneggiato, tanto più il comportamento della vittima incide nel dinamismo causale del danno, sino ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta attribuibile all’ente e l’evento dannoso.”.