Dal punto di vista normativo, quando si parla di insidia stradale, occorre fare riferimento all’art.2051 del codice civile, secondo cui: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.”

Risulta evidente e ormai pacifico che la responsabilità che la legge pone in capo al custode, quando si parla di insidie stradali, è di tipo oggettivo. Ne consegue che il danneggiato, per assolvere al suo onere probatorio, è chiesto di dimostrare il collegamento, o per meglio dire il nesso causale tra la cosa e il danno, spettando invece al custode provare che il danno è stato prodotto da un caso fortuito, che può essere integrato anche dalla condotta o fatto del danneggiato.

Per fatto del danneggiato nelle insidie stradali, si intende pertanto un tipo di condotta colposa in grado di determinare totalmente, o parzialmente (secondo le regole del concorso di colpa di cui all’art.1227 codice civile il danno. Secondo giurisprudenza prevalente infatti, anche in casi di responsabilità oggettiva, come quella che l’ordinamento pone a carico del custode in caso di insidia stradale, occorre sempre valutare la presenza di eventuali concause, tra le quali figura primariamente la condotta del danneggiato.

Giurisprudenza recentissima della Cassazione tuttavia, precisa che, per fatto colposo di cui all’art.1227 c.c non si deve fare riferimento all’elemento psicologico della colpa, ma una condotta che si pone semplicemente in contrasto con una regola improntata alla comune prudenza, la cui incidenza, ai fini della causazione del danno, è rimessa al giudice di merito.

Giurisprudenza:

– Cassazione civile n.2481/2018 “Tanto in ipotesi di responsabilità per cose in custodia ex art.2051 cod. civ., quanto in ipotesi di responsabilità ex art.2043 cod. civ., il comportamento colposo del danneggiato (che sussiste quando egli abbia usato un bene senza la normale diligenza o con affidamento soggettivo anomalo) può – in base ad un ordine crescente di gravità – o atteggiarsi a concorso causale colposo (valutabile ai sensi dell’art.1227 cod. civ., comma 1), ovvero escludere il nesso causale tra cosa e danno e, con esso, la responsabilità del custode (integrando gli estremi del caso fortuito rilevante a norma dell’art.2051 cod. civ.). In particolare, quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso (espressamente in tali termini: Cass. civ. n.9009/2015; in precedenza, peraltro, già Cass. civ. n.10300/2007). In altri termini, se è vero che il riconoscimento della natura oggettiva del criterio di imputazione della responsabilità si fonda sul dovere di precauzione imposto al titolare della signoria sulla cosa custodita in funzione di prevenzione dai danni prevedibili a chi con quella entri in contatto (Cass. civ. n.23584/2013), è altrettanto vero che l’imposizione di un dovere di cautela in capo a chi entri in contatto con la cosa risponde anch’essa a criteri di ragionevole probabilità e quindi di causalità adeguata.”;

– Cassazione civile n.11024/2018 “È stato poi riconosciuto che, ai fini di cui all’art.2051 cod. civ., il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo del danneggiato (v. da ultimo le sentenze Cass. civ. n.18317/2015 e n.12895/2016).È appena il caso di ricordare, inoltre, che la più recente giurisprudenza di questa Corte è andata ponendo in evidenza, sul punto in questione, due aspetti di fondamentale importanza: da un lato il concetto di prevedibilità dell’evento dannoso e dall’altro quello del dovere di cautela da parte del soggetto che entra in contatto con la cosa. Questa Corte ha definito il concetto di prevedibilità come concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo ed ha evidenziato che, ove tale pericolo sia visibile, si richiede dal soggetto che entra in contatto con la cosa un grado maggiore di attenzione, proprio perché la situazione di rischio è percepibile con l’ordinaria diligenza (v. le sentenze Cass. civ. n.23919/2013, n.999/2014, n.4661/2015, n.13930/2015). Il bilanciamento tra l’obbligo di custodia e l’obbligo di prudenza comunque esistente in capo al fruitore della cosa è stato di recente puntualizzato da questa Corte nei termini che seguono (proprio in riferimento ad una fattispecie che traeva origine da una caduta accidentale su un marciapiede sconnesso e coperto di foglie): in tema di responsabilità ex art.2051 c.c., è onere del danneggiato provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la prima sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, dimostrare, altresì, che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del secondo, nonché di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto eziologiamente riconducibili alla condotta del ricorrente i danni da quest’ultimo sofferti a seguito di una caduta su un marciapiede sconnesso e reso scivoloso da un manto di foglie posto che l’incidente era accaduto in pieno giorno, le condizioni di dissesto del marciapiede erano a lui note, abitando nelle vicinanze, e la idoneità dello strato di foglie a provocare una caduta era facilmente percepibile, circostanza che avrebbe dovuto indurlo ad astenersi dal transitare per quel tratto di strada) (Cass.civ. n.11526/2017).”.

– Cassazione civile n.1064/2018 “il giudice di appello — in forza dell’accertamento fattuale secondo cui la situazione di pericolosità determinata dalla lastra di ghiaccio sul marciapiede era, per le circostanze di tempo e di luogo, “sicuramente visibile” e non già tale da rendere “molto probabile se non inevitabile l’evento”, anche in ragione del difetto di ordinaria diligenza che avrebbe dovuto tenere in dette circostanze la stessa (omissis) (là dove, peraltro, era emerso — in contrasto con quanto dedotto dall’attrice — che essa “era scivolata mentre dal marciapiede scendeva attraverso due scalini”) — fatto corretta applicazione del principio, consolidato (cui il Collegio intende dare continuità), per cui: “in tema di responsabilità ex art.2051 c.c., è onere del danneggiato provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la prima sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, dimostrare, altresì, che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del secondo, nonché di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato” (così Cass.civ. n.11526/2017; analogamente: Cass. civ. n.2660/2013, Cass. civ. n.6306/2013, Cass. civ. n.21212/2015, Cass. civ. n.12895/2016).”.