Il nesso di causalità nei sinistri da insidia stradale ha il suo fondamento normativo nell’art.2051 del codice civile. Questa norma, nel disciplinare il danno da cose in custodia prevede che “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.” L’articolo non fa alcun cenno alla nozione di nesso causale, contenuta in realtà solo nel codice penale agli articoli 40 e 41 c.p.. Il primo, rubricato “rapporto di causalità” prevede che “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’ esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione”. Il secondo invece, dedicato al concorso di cause, dispone che il rapporto di causalità non è escluso dal concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, mentre lo è se quelle sopravvenute (in cui rientra l’illecito altrui) hanno determinato da sole l’evento.
Applicando i principi penali suddetti, con gli opportuni adeguamenti previsti per la responsabilità oggettiva gravante sul custode, risulta che il nesso di causalità nei sinistri stradali provocati da insidie stradali è il collegamento tra la cosa in custodia e il danno, di cui deve rispondere il custode, salva la prova del caso fortuito. I principi penali suddetti pertanto sono determinanti ai fini del riparto dell’onere probatorio. Al danneggiato infatti spetta dimostrare il nesso eziologico tra la res e il danno subito. Il custode della cosa invece, per esimersi dalla responsabilità risarcitoria, è tenuto a dimostrare che il caso fortuito, la condotta del danneggiato o del terzo sono state in realtà le cause esclusive o concorrenti del sinistro e dei danni che ne sono derivati.
Giurisprudenza:
– Cassazione civile n.11079/2014 “in tema di responsabilità civile aquiliana, il nesso causale è regolato dai principi di cui agli artt.40 e 41 cod. pen. per i quali un evento è da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (cosiddetta teoria della condicio sine qua non) nonché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla base della quale, all’interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiono – ad una valutazione ex ante – del tutto inverosimili. Il rigore del principio dell’equivalenza delle cause, di cui all’art.41 cod. pen., in base al quale, se la produzione di un evento dannoso é riferibile a più azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale, trova il suo temperamento nella causalità efficiente, desumibile dal secondo comma dell’art.41 cod. pen., in base al quale l’evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all’autore della condotta sopravvenuta, solo se questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto” (tra le altre, cfr. Cass.civ. n.25028/2008).
Del pari coerente con l’orientamento stabile di questa Corte è l’affermazione del giudice di secondo grado – una volta ritenuta accertata la sussistenza della duplice circostanza della visibilità del pericolo e della evitabilità dello stesso mediante l’adozione di una condotta più prudente – in ordine al carattere colposo della condotta tenuta nella specie dal danneggiato, giacché, in caso di sinistri riconducibili a situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, la conseguente responsabilità derivante dal difetto di manutenzione – come affermato, tra le altre da Cass.civ. n.11946/2013 e Cass.civ. n.23919/2013 (nella medesima ottica anche Cass.civ. n.15375/2011; Cass.civ. n.21508/2011; Cass.civ. n.16542/2012; Cass.civ. n.6101/2013; Cass.civ. n.999/2014) – può essere attenuata o esclusa in funzione dell’accertamento della concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo. E, nel compiere tale ultima valutazione, si dovrà tener conto che quanto più questo è suscettibile di essere previsto e superato attraverso l’adozione di normali cautele da parte del danneggiato, tanto più il comportamento della vittima incide nel dinamismo causale del danno, sino ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta attribuibile al responsabile e l’evento dannoso.”
– Cassazione civile n.12596/2015 “In tema di danno da insidia stradale, il solo fatto che sia dimostrata l’esistenza di una anomalia sulla sede stradale è di per sé sufficiente a far presumere sussistente la colpa dell’ente proprietario il quale potrà superare tale presunzione solo dimostrando che il danno è avvenuto per negligenza, distrazione od uso anomalo della cosa da parte della stessa vittima. A tal fine, il giudice di merito dovrà considerare che quanto più la situazione di pericolo era prevedibile e superabile con le normali cautele da parte del danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi sul piano causale il comportamento di quest’ultimo (Cass.civ. n.15375/2011). Perché sorga la responsabilità ai sensi dell’art.2051 c.c. occorre infatti l’esistenza di un nesso di causalità fra la cosa e il danno. Ebbene, l’impugnata sentenza, con accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità, ha proprio escluso tale nesso. Essa afferma infatti che «la curva teatro dell’accaduto (…) fosse in realtà successiva non solo all’avvallamento stradale “incriminato”, ma altresì al palo colpito dall’attore dopo la caduta.» L’inesistenza del nesso di causalità è altresì confermato, in punto di fatto, dall’impugnata sentenza ove essa afferma che «la causa della caduta sia da individuarsi nell’alta velocità tenuta dal conducente, ovvero, al più, nella “sbadataggine” tenuta dal medesimo alla guida del proprio motociclo.» È da escludersi infatti «che l’attore abbia utilizzato la dovuta diligenza nell’approcciare quel tratto di strada, ma, al contrario, è da ritenersi che lo stesso (…) né abbia adeguato la propria condotta alle condizioni del manto né sia stato il più possibile alla destra della carreggiata». Pertanto non sussiste nessuna violazione dell’art.2051 c.c., avendo la sentenza impugnata escluso che vi sia stato alcun nesso causale fra il comportamento dell’amministrazione e l’incidente stradale. Si è trattato di un semplice avvallamento del manto stradale ritenuto, con congrua e logica motivazione, insufficiente a dimostrare alcun nesso eziologico tra la condotta omissiva della P.A. ed il danno verificatosi.”.
– Cassazione civile n.9323/2015 “È consolidato orientamento di questa Corte che, in tema di responsabilità ai sensi dell’art.2051 c.c. il danneggiato è tenuto a fornire la prova del nesso causale fra la cosa in custodia e il danno che egli ha subito (oltre che dell’esistenza del rapporto di custodia), e solo dopo che lo stesso abbia offerto una tale prova il convenuto deve dimostrare il caso fortuito, cioè l’esistenza di un fattore estraneo che, per il carattere dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale, escludendo la sua responsabilità (Cass.civ. n.25243/2006; Cass.civ. n.15389/2011).”.