Si parla di comportamenti omissivi del medico in relazione a quelle condotte obbligatorie che, se poste in essere impedirebbero il verificarsi dell’evento dannoso. Prendendo spunto da alcune pronunce della Cassazione in materia, sono state giudicate omissive le seguenti condotte:

– aver lasciato da solo un’intera notte, senza la dovuta assistenza e vigilanza, un paziente affetto da gravi ustioni, che aveva da poco subito un intervento chirurgico;

– non aver fornito al medico di guardia le necessarie e puntuali indicazioni relativamente ad un paziente operato dal primario, non seguito dal medico di guardia che andava a casa terminato il suo turno;

– non aver ricoverato e sottoposto a intervento urgente un paziente che invece ne aveva bisogno.

I comportamenti omissivi del medico rilevano ai fini responsabilità medica penale e civile (anche se in questo caso vale il principio dell’elevato grado di credibilità razionale che è molto vicino alla certezza).

L’accertamento della responsabilità medica omissiva in ogni caso passa attraverso l’esame del rapporto di causalità che lega l’evento dannoso e la condotta omissiva del medico. Come chiarito dalla Cass. civ. n.30328/2002, nel momento in cui il giudice deve accertare se esiste un collegamento tra la condotta omissiva del medico e l’evento dannoso egli è tenuto ad applicare seguenti principi:

– per verificare la sussistenza del nesso causale deve procedere ad un giudizio controfattuale, applicando una regola generalizzata di esperienza o riconducibile ad una legge scientifica (universale o statistica) che consenta di comprendere se, ipotizzando come realizzata la condotta del medico, l’evento non si sarebbe verificato;

– ora, siccome il giudice non può desumere automaticamente, applicando una semplice formula statistica, l’esistenza del nesso di causale, egli è tenuto a valutare altresì le circostanze del caso concreto e l’evidenza disponibile, escludendo l’interferenza di fattori alternativi. Concluso questo ragionamento, deve risultare giustificata e certa la conclusione secondo cui la condotta omissiva del medico è stata la causa necessaria dell’evento lesivo con un elevato grado di probabilità logica o credibilità razionale;

– in caso contrario, ovvero qualora dovesse comunque sorgere il ragionevole dubbio che, a causa dell’incertezza probatoria o il rilievo di fattori che possano aver interagito, la condotta omissiva del medico non è l’unica causa dell’evento, allora il medico non può essere ritenuto responsabile dello stesso.

Giurisprudenza:

– Corte di Cassazione penale n.40923/2018 “Partendo dal nesso causale, occorre sinteticamente richiamare i principi pacifici in tema di causalità omissiva. La giurisprudenza di legittimità, come noto, ha individuato le varie tappe dell’accertamento causale nei reati omissivi impropri, fondato su un giudizio controfattuale di c.d. “aggiunta” mentale e sul determinante principio dell’alto grado di credibilità razionale, secondo il c.d. schema Franzese. Nel reato colposo omissivo improprio il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può, infatti, ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva (ex multis, Sez. Un., n. 30328 del 10 luglio 2002, Franzese). Il giudizio di alta probabilità logica, a sua volta, deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto (ex multis, Sez. Un., n. 38343 del 24 aprile 2014; Sez. 4, n. 26491 del 11 maggio 2016). Fondamentale, nel paradigma Franzese, è il giudizio controfattuale, vale a dire il giudizio compiendo il quale il giudice perviene a stabilire se, ipotizzando come avvenuta la condotta doverosa omessa ed escludendo l’interferenza di fattori causali alternativi da soli sufficienti a determinare l’evento, quest’ultimo sarebbe stato evitato con alto grado di credibilità razionale. In tema di responsabilità medica, ai fini dell’accertamento del nesso di causalità è necessario individuare tutti gli elementi concernenti la causa dell’evento, in quanto solo la conoscenza, sotto ogni profilo fattuale e scientifico, del momento iniziale e della successiva evoluzione della malattia consente l’analisi della condotta omissiva colposa addebitata al sanitario per effettuare il giudizio controfattuale e verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, l’evento lesivo sarebbe stato evitato al di là di ogni ragionevole dubbio (Sez. 4, n. 43459 del 4 ottobre 2012). Evidentemente, tale ragionamento controfattuale deve essere svolto dal giudice di merito in riferimento alla specifica attività (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) che era specificamente richiesta al sanitario e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilità razionale (Sez. 4, n. 30469 del 13 giugno 2014, P.G., P.C.).

– Corte di Cassazione civile n.8664/2017 “Orbene, quest’ultima condotta – dedotta da parte attrice, in maniera articolata e specifica, come inadempimento delle leges artis mediche e come tale qualificata dal giudice di prima istanza, pur senza inferirne le corrette conseguenze in punto di responsabilità dei sanitari integra un’omissione idonea a cagionare l’evento pregiudizievole lamentato. Secondo i canoni della corretta pratica ostetrica, infatti, pur in assenza di segni clinici anomali, un costante monitoraggio tococardiografico della partoriente (con tracciati eseguiti ad intervalli di tempo sempre più ravvicinati con il progredire del travaglio) integra condotta diligente imposta per l’assistenza al parto, in quanto finalizzata alla tempestiva diagnosi di una (eventualmente insorta) sofferenza fetale e alla conseguente adozione degli interventi ad hoc necessari (quali la pratica di taglio cesareo) ad evitare il verificarsi di insulti anosso-ischemici intrapartum e dei derivanti stati patologici cerebrali ( sulla doverosità di adeguato monitoraggio in sede di assistenza al parto, vedi, oltre alle citate Cass.civ. n.12686/2011 e Cass.civ. n.3847/2011, espressamente Cass.civ. n.6822/2001 ; Cass.civ. n.867/2008 ; Cass.civ. n.13979/2005 ).”

– Corte di Cassazione penale n.21036/2018 “ Ricorda ancora la recente pronuncia supra richiamata che “nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose in campo medico, il ragionamento controfattuale deve essere svolto dal giudice in riferimento alla specifica attività (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) che era specificamente richiesta al sanitario e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilità razionale” (richiama Cass.,Sez.4,n. 30649 del 13-6-2014). Va, quindi, affermata la sussistenza “del nesso di causalità tra l’omessa adozione, da parte del medico, di misure atte a rallentare o bloccare il decorso della patologia e il decesso del paziente, allorché risulti accertato, secondo il principio di controfattualità, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente (Cass.n.7659/2017).”.