Le linee-guida sono degli standard diagnostico-terapeutici conformi alle regole dettate dalla scienza medica, a garanzia della salute dei pazienti e costituiscono un condensato delle acquisizioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche concernenti i singoli ambiti operativi. Per la Cassazione, “le linee guida sono notevolmente diverse dalle buone pratiche clinico – assistenziali, che si esplicano in una serie di raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate mediante un processo sistematico di elaborazione concettuale, finalizzato a offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quale sia il percorso diagnostico e terapeutico più appropriato in specifiche circostanze cliniche” (cfr. Cass. n.47748/2018).
La Legge Gelli, all’art.5, prevede che gli esercenti le professioni sanitarie si attengano, nello svolgimento delle prestazioni, e salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee-guida elaborate da enti e istituzioni pubblici o privati o dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in un apposito elenco.
L’art.6 della legge ha introdotto, inoltre, una particolare causa di non punibilità sulla responsabilità colposa per morte o lesioni personali da parte degli esercenti la professione sanitaria. A mente della nuova normativa, infatti (che ha introdotto l’art.590-sexies c.p.), la punibilità deve ritenersi esclusa laddove siano state rispettate le linee guida e le raccomandazioni previste ovvero, in loro assenza, le buone pratiche cliniche assistenziali, sempre che risultino adeguate alla specificità del caso (cfr. Cass.n.29133/2018; conf. Cass.pen. n.37794/2018).
La Cassazione penale ha chiarito che: “In tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, l’art.590-sexies c.p., prevede una causa di non punibilità applicabile ai soli fatti inquadrabili nel paradigma dell’art.589 c.p. o di quello dell’art.590 c.p., e operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse; la suddetta causa di non punibilità non è applicabile, invece, né ai casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né quando l’atto sanitario non sia per nulla governato da linee-guida o da buone pratiche, né quando queste siano individuate e dunque selezionate dall’esercente la professione sanitaria in maniera inadeguata con riferimento allo specifico caso, né, infine, in caso di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse”.
In sostanza le linee guida non devono rappresentare uno “scudo” contro ogni ipotesi di responsabilità, “essendo la loro efficacia e forza precettiva comunque dipendenti dalla dimostrata adeguatezza alle specificità del caso concreto e ciò con la conseguenza che, laddove le stesse non dovessero essere adeguate rispetto all’obiettivo della migliore cura per lo specifico caso del paziente, è dovere da parte di tutta la catena degli operatori sanitari di discostarsene”.
La Cassazione penale con ordinanza n.30998/2018 ha precisato che le linee guida “non rappresentano un letto di Procuste insuperabile. Esse sono solo un parametro di valutazione della condotta del medico” che tuttavia non è “rigido e insuperabile”.
Giurisprudenza:
– Cassazione penale n.37794/2018 “In tema di responsabilità degli esercenti la professione sanitaria, nelle more della pubblicazione delle linee guida di cui all’art. 5 legge 24/2017, la rilevanza penale della condotta ai sensi dell’art. 590-sexies c.p. può essere valutata con esclusivo riferimento alle buone pratiche clinico assistenziali adeguate al caso concreto”;
– Cassazione n.47748/2018 “In materia di responsabilità professionale del medico, il disposto dell’articolo 590-sexies, introdotto dalla legge 8 marzo 2017 n. 24 (cosiddetta “legge Gelli-Bianco”) è subordinato, nella sua operatività all’emanazione di linee-guida “come definite e pubblicate ai sensi di legge”. La norma richiama, infatti, l’articolo 5 della stessa legge, che detta un articolato iter di elaborazione e di emanazione delle linee-guida, di guisa che, in mancanza di lenee-guida approvate ed emanate mediante il procedimento di cui al citato articolo 5, non può farsi riferimento all’articolo 590-sexies de codice penale, se non nella parte in cui questa norma richiama le “buone pratiche clinico-assistenziali”. Ne deriva che la possibilità di riservare uno spazio applicativo all’articolo 590-sexies del codice penale è ancorata all’opzione ermeneutica consistente nel ritenere che le linee-guida attualmente vigenti, non approvate secondo procedimento di cui all’articolo 5 della legge n. 24 del 2017. possano venire in rilievo, nella prospettiva delineata dalla norma in esame, come buone pratiche clinico-assistenziali. Opzione ermeneutica non agevole ove si consideri che le linee guida differiscono notevolmente, sotto il profilo concettuale, prima ancora che tecnico-operativo, dalle buone pratiche clinico-assistenziali, sostanziandosi in raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volto a offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quale sia il percorso diagnostico terapeutico più appropriato in specifiche circostanze cliniche: esse consistono, dunque, nell’indicazione di standards diagnostico-terapeutici conformi alle regole dettate dalla migliore scienza medica, a garanzia della salute del paziente e costituiscono il condensato delle acquisizioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche concernenti i singoli ambiti operativi, e, quindi, si sostanziano in qualcosa dimolto diverso da una semplice buona pratica clinico-assistenziale”;
– Cassazione n.8770/2017 “Ferma restando la rilevanza centrale nel costrutto dell’intera impalcatura della legge n.24/2017, delle linee guida nella valutazione dell’operato del sanitario, è da escludere che il nuovo sistema introdotto dalla predetta Legge, possa ritenersi agganciato ad automatismi, tali da intendere le linee guida quale “scudo” contro ogni ipotesi di responsabilità, essendo la loro efficacia e forza precettiva comunque dipendenti dalla dimostrata adeguatezza alle specificità del caso concreto e ciò con la conseguenza che, laddove le stesse non dovessero essere adeguate rispetto all’obiettivo della migliore cura per lo specifico caso del paziente, è dovere da parte di tutta la catena degli operatori sanitari di discostarsene”.