In ambito civilistico e assicurativo, si definisce “danno non patrimoniale” qualsiasi pregiudizio non immediatamente riconducibile alle categorie di lucro cessante e danno emergente trattandosi di qualunque nocumento, insomma, che non sia di natura prettamente economica. Dottrina e Giurisprudenza prevalenti in materia sono ormai concordi nell’unificare sotto la voce di danno non patrimoniale tutte le categorie in cui veniva prima parcellizzato il detrimento diverso dal lucro cessante e dal danno emergente (quali: danno biologico, morale, esistenziale, da compromessa vita di relazione etc.).

In pratica, sono considerati danni non patrimoniali tutte le alterazioni negative subite dalla vittima principale del sinistro e/o da quelle secondarie (prossimi congiunti della prima) a seguito e per causa del sinistro stesso − comprese le compromissioni “delle attività quotidiane e degli aspetti dinamico-relazionali, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla capacità di produrre reddito” dei soggetti danneggiati, nelle quali, a norma dell’art.139, comma 2 D. lgs. 209/2005 (c.d. Codice delle Assicurazioni Private), si sostanzia il danno biologico. Dunque, rientra nel grande contenitore del danno non patrimoniale ogni sofferenza e disagio fisico e psicologico procurato dall’incidente.

Per chiarire, invece, cosa si intende per “lesioni di lieve entità”, bisogna dire che a norma dell’art.139 comma 2 del D.lgs. 209/2005, si tratta di: “lesioni temporanee o permanenti all’integrità psico-fisica della persona suscettibili di accertamento medico-legale”, che comportano un‘invalidità stimata non superiore al 9%.

La Legge 124/2017 ha riscritto l’art.138 del D. lgs. 209/2005, assoggettando la liquidazione del danno non patrimoniale derivato da sinistri gravemente lesivi − che hanno prodotto, cioè, lesioni c.d. macropermanenti (determinanti un’invalidità superiore al 10%) − ai criteri contenuti in una Tabella Unica Nazionale, da istituirsi con decreto ministeriale nel termine di 120 giorni dall’entrata in vigore della legge. Mentre il danno non patrimoniale derivante da lesioni di lieve entità (= lesioni micropermanenti), disciplinato dall’art. 139 cod. ass. , era già agganciato a criteri tabellari universali.

Dunque, l’esatto ammontare del “risarcimento” dovuto per il danno non patrimoniale da lesioni di “lieve entità” è determinato dal giudice moltiplicando il numero percentuale dell’invalidità attribuita dai medici legali per un coefficiente che, a partire dall’11° anno di vita, decresce al crescere dell’età del danneggiato nella misura di 0,5 punti percentuali per anno. A tale valore − che corrisponde al danno biologico permanente − vanno poi sommati i valori corrispondenti a tutte le inabilità temporanee (= danno biologico temporaneo).

Infine, secondo il comma 3 dell’art.139 cod. ass., il valore così ottenuto del danno biologico risarcibile potrà essere aumentato dal giudice con “equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato” con un incremento fino al 20%.

Giurisprudenza:

– Cass. Civ. sezioni unite n. 26972/2008 “Il danno non patrimoniale costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, all’interno della quale non è possibile ritagliare ulteriori sottocategorie, se non con valenza meramente descrittiva. È, pertanto, scorretto e non conforme al dettato normativo pretendere di distinguere il c.d. “danno morale soggettivo”, inteso quale sofferenza psichica transeunte, dagli altri danni non patrimoniali: la sofferenza morale non è che uno dei molteplici aspetti di cui il giudice deve tenere conto nella liquidazione dell’unico ed unitario danno non patrimoniale, e non un pregiudizio a sé stante. Pertanto, non è ammissibile nel nostro ordinamento la concepibilità d’un danno definito “esistenziale”, inteso quale la perdita del fare areddituale della persona. Una simile perdita, ove causata da un fatto illecito lesivo di un diritto della persona costituzionalmente garantito, costituisce né più né meno che un ordinario danno non patrimoniale, di per sé risarcibile ex art. 2059 c.c., e che non può essere liquidato separatamente sol perché diversamente denominato. Sicché, davanti ad un pregiudizio del tipo definito in dottrina “esistenziale” causato da condotte che non siano lesive di specifici diritti della persona costituzionalmente garantiti, esso sarà irrisarcibile, giusta la limitazione di cui all’art. 2059 c.c..”