Sia sul piano civile che penale, affinchè ad una determinata condotta/comportamento del sanitario possano addebitarsi profili di responsabilità occorre che la stessa (azione, omissione, ecc.) sia strettamente connessa all’evento lesivo da un rapporto di causalità.

Il nesso di causalità, dunque, è il legame eziologico tra il comportamento astrattamente considerato e l’evento, ossia il rapporto intercorrente tra l’azione/omissione e reazione, in assenza del quale l’evento stesso non si verificherebbe.

Si tratta, ha puntualizzato di recente la Suprema Corte, in via generale, di una costruzione logica, non di un fatto materiale, ma di un ragionamento logico-deduttivo; in sostanza una relazione stabilita a posteriori tra due fatti (cfr. Cass.civ. n.4024/2018).

Al fine di ottenere il risarcimento del danno, secondo l’orientamento costante della giurisprudenza, è il paziente ad avere l’onere di provare il nesso causale tra la condotta del danneggiante e l’evento dannoso, secondo la regola della riferibilità causale dell’evento stesso all’ipotetico responsabile, la quale presuppone una valutazione nei termini del c.d. ‘più probabile che non’ (cfr., tra le altre, Cass.civ. n.18392/2017; Cass.civ. n.21008/2018).

Giurisprudenza:

– Cassazione civile n.21008/2018 “La prova dell’inadempimento del medico non è sufficiente ad affermarne la responsabilità per la morte del paziente, occorrendo altresì il raggiungimento della prova del nesso causale tra l’evento e la condotta inadempiente, secondo la regola della riferibilità causale dell’evento stesso all’ipotetico responsabile, la quale presuppone una valutazione nei termini del c.d. “più probabile che non”. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso la responsabilità del medico per la morte di un paziente causata da un aneurisma, pur in presenza del comportamento inadempiente del sanitario consistito nell’omesso espletamento di visita domiciliare, in quanto non era possibile affermare che, in caso di visita tempestiva, il paziente avrebbe avuto ragionevoli probabilità di guarigione, tenuto conto della difficoltà di identificare l’aneurisma e di intervenire sul medesimo chirurgicamente, e, dunque, dell’assenza di fattori che probabilisticamente riconducessero alla detta omissione l’evento morte, il quale, statisticamente, si sarebbe comunque verificato nel 58% dei casi)”.

– Cassazione civile n.18392/2017 “Ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per l’inesatto adempimento della prestazione sanitaria, è onere del danneggiato provare il nesso di causalità fra l’aggravamento della situazione patologica (o insorgenza di nuove patologia per effetto dell’intervento) e l’azione o l’omissione dei sanitari, mentre è onere della parte debitrice provare che una causa imprevedibile ed inevitabile ha reso impossibile l’esatta esecuzione della prestazione (fattispecie relativa alla controversia promossa da una donna al fine di veder riconosciuto il risarcimento del danno per la morte del marito avvenuta nel corso di un intervento chirurgico)”.

– Cassazione penale n.15493/2016 “In tema di causalità nei reati colposi, facendosi applicazione della c.d. “teoria del rischio”, con riferimento ad ipotesi di colpa medica ascrivibile a più soggetti, deve ritenersi che vi sia intenuzione del nesso causale, ai sensi dell’art. 41, comma 2, c.p. tra la condotta posta in essere da uno di tali soggetti e quella posta in essere, successivamente, da un altro, quando il primo abbia già debellato il pericolo originario ovvero quando, pur avendo il medesimo tenuto una condotta terapeutica inappropriata a cagione di un errore non grave, il successivo intervento di altro sanitario sia caratterizzato da un errore ulteriore, tale da innescare un rischio nuovo, incommensurabile e letale. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto incensurabile la decisione del giudice di merito che aveva mandato assolto dal reato di omicidio colposo un medico pediatra, cui era stato addebitato di avere colposamente ritardato il ricovero in ospedale di una bambina colpita da una grave forma di epiglottide, sulla base del rilievo che si era trattato di un ritardo di pochi minuti e che il decesso della piccola paziente non sarebbe, presumibilmente, avvenuto se non vi fossero stati i gravi errori successivamente compiuti dall’anestesista ospedaliero che aveva assunto in carico il caso)”.