La “compensatio lucri cum damno” (letteralmente “compensazione del guadagno con il danno”) è una formula usata per la stima e la liquidazione del danno, al fine di evitare che un evento lesivo possa apportare al danneggiato un vantaggio economico che vada oltre il risarcimento del danno subito. In base a tale regola, dunque, nel momento di quantificare il danno andranno valutate eventuali altre forme d’indennizzo percepite e/o da percepire a seguito della lesione occorsa (es.: erogazioni INAIL e/o INPS, indennizzi da polizze di assicurazioni alla persona e/o alle cose, etc.), affinché vengano scorporate per evitare un ingiusto arricchimento del danneggiato.

Il principio di base, in sostanza, è che il risarcimento deve coprire tutto il danno cagionato, ma non può oltrepassarlo, giacchè “il danno non deve essere fonte di lucro e la misura del risarcimento non deve superare quella dell’interesse leso o condurre a sua volta ad un arricchimento ingiustificato del danneggiato”, come si desume dall’art.1223 c.c. il quale stabilisce che il risarcimento deve comprendere sia la perdita subita dal danneggiato che il mancato guadagno eventualmente derivante, in quanto conseguenza immediata e diretta del fatto illecito (Cass.civ. n.12567/2018).

Se è pacifica in giurisprudenza l’esistenza della “compensatio lucri cum damno”, controversi sono piuttosto la portata e l’ambito di operatività della figura che ha registrato negli anni orientamenti contrastanti della corte di legittimità.

Un orientamento, prevalente per molto tempo, ammetteva, ad esempio, il cumulo del risarcimento con il beneficio collaterale, escludendo la compensatio e ritenendola operante solo allorquando “il pregiudizio e l’incremento discendano entrambi, con rapporto immediato e diretto, dallo stesso fatto, sicché se ad alleviare le conseguenze dannose subentra un beneficio che trae origine da un titolo diverso ed indipendente dal fatto illecito generatore del danno, di tale beneficio non può tenersi conto nella liquidazione del danno, profilandosi in tal caso un rapporto di mera occasionalità che non può giustificare alcun diffalco (cfr. ex multis, Cass. civ. n.20584/2014; Cass. civ. n.15822/2005; Cass. civ. n.4475/1993).”

L’orientamento opposto sosteneva invece che ai fini dell’operatività della compensatio, è necessario verificare se il vantaggio ottenuto “sia conseguenza immediata e diretta del fatto illecito ai sensi proprio dell’art. 1223 c.c. poiché il risarcimento “non deve impoverire il danneggiato ma neanche arricchirlo – per cui – non si può creare in favore di quest’ultimo una situazione migliore di quella in cui si sarebbe trovato se il fatto dannoso non fosse avvenuto, immettendo nel suo patrimonio un valore economico maggiore della differenza patrimoniale negativa indotta dall’illecito” (cfr. ex multis, Cass. civ. n.13537/2014; Cass. civ. n.13233/2014).

A far chiarezza sulla materia ci ha pensato la Cassazione a Sezioni unite che con quattro separate sentenze pubblicate il 22 maggio 2018 (nn. 12564, 12565, 12566 e 12567), è intervenuta al fine di dirimere il contrasto giurisprudenziale.

La Corte, investita da quattro diverse fattispecie, ha fissato con le pronunce sopraindicate altrettanti principi di diritto, pur statuendo anzitutto che non è possibile stabilire un criterio unico generale, dovendo sempre riferirsi alle specificità del singolo caso. Ad ogni modo, le Sezioni Unite, hanno dettato delle linee guida comuni sull’operatività o meno della “compensatio”, fissando quale premessa fondamentale l’individuazione della funzione del beneficio collaterale e il procedere per classi di casi per selezionare le fattispecie in cui ammettere o meno lo strumento, e affermando il principio secondo cui “la compensatio opera in tutti i casi in cui sussista una coincidenza tra il soggetto autore dell’illecito tenuto al risarcimento e quello chiamato per legge ad erogare il beneficio, con l’effetto di assicurare al danneggiato una reintegra del suo patrimonio completa senza duplicazioni” (cfr. Cass. Civ. n.12564/2018).

Giurisprudenza:

– Cassazione Sezioni Unite Civili, 22 Maggio 2018, n.12564 “Dal risarcimento del danno patrimoniale patito dal famigliare di persona deceduta per colpa altrui non deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità accordata dall’INPS al famigliare superstite in conseguenza della morte del congiunto”.

– Cassazione sezioni unite civili, 22 maggio 2018, n.12565 “Il danno da fatto illecito deve essere liquidato sottraendo dall’ammontare del danno risarcibile l’importo dell’indennità assicurativa derivante da assicurazione contro i danni che il danneggiato-assicurato abbia riscosso in conseguenza di quel fatto”.

– Cassazione Sezioni unite Civili, 22 Maggio 2018, n.12566 “L’importo della rendita dell’inabilità permanente corrisposta dall’INAIL per l’infortunio in itinere occorso al lavoratore va detratto dall’ammontare del risarcimento dovuto, allo stesso titolo, al danneggiato da parte del terzo responsabile del fatto illecito”.