Nelle condizioni di polizza si prevedeva che l’assicurazione fosse operativa “esclusivamente per le responsabilità in relazione alle quali l’assicurato non abbia ricevuto, alla data di stipula, richiesta risarcitoria alcuna e se l’assicurato non abbia avuto percezione, notizia o conoscenza, dell’esistenza dei presupposti di detta responsabilità”. Il ricorso in Cassazione s’incentrava, in via principale, proprio contro tale espressione, per cui la garanzia assicurativa era operativa per i casi in cui l’assicurato, oltre a non aver avuto alcuna richiesta risarcitoria, non avesse avuto “percezione, notizia o conoscenza, dell’esistenza dei presupposti” della propria responsabilità.

A tal proposito la Cassazione Civile n.11905/2020 , pur osservando che il termine “percezione” fosse indubbiamente sfuggente, ha ritenuto, come nel caso specifico, che la sentenza impugnata avesse ben chiarito per quali ragioni detta “percezione” avrebbe dovuto manifestarsi nell’assicurato, inducendolo ad una maggiore attenzione nella stipula del contratto. Il fatto che il terzo danneggiato non si fosse ancora attivato con una domanda risarcitoria non escludeva, secondo la Corte d’Appello, che l’assicurato avesse la consapevolezza della possibilità di essere convenuto in giudizio a seguito (nel caso in specie) della sostituzione di una protesi problematica, pochi giorni prima della stipula del contratto di assicurazione. La scrupolosa ricostruzione cronologica dei fatti, oltre ad evidenziare le responsabilità del medico e della casa di cura, aveva spiegato le ragioni per le quali si era ritenuto che il medico/assicurato avrebbe dovuto segnalare alla società assicuratrice l’esistenza di un problema in relazione al caso del paziente.

Varia è la casistica incentrata sulla sottaciuta “circostanza” rilevante, ai fini di quanto previsto dagli artt.1892 e 1893 c.c. in relazione alle dichiarazioni inesatte e reticenti con o senza dolo e colpa grave. Secondo i principi di legittimità in materia (Cass. civ. n.25582/2011; Cass. civ. n.16769/2006; Cass. civ. n.7245/2006), la reticenza dell’assicurato è causa di annullamento negoziale della polizza assicurativa quando si verifichino cumulativamente tre condizioni:

1) che la dichiarazione sia effettivamente inesatta o reticente;

2) che la dichiarazione sia stata resa con dolo o colpa grave;

3) che la reticenza sia stata determinante nella formazione del consenso dell’assicuratore.

L’onere probatorio in ordine alla sussistenza di tali condizioni, che costituiscono il presupposto di fatto e di diritto dell’inoperatività della garanzia assicurativa, è a carico dell’assicuratore.

Come ricordato, ex multis, dalla Cassazione Civile n.12086/2015, posto che nel modulo di proposta contrattuale (proposal form) veniva espressamente richiesto dall’assicuratore di riferire se, negli ultimi cinque anni anteriori alla stipulazione, avesse subito sinistri o danni, il giudice di merito riteneva la reticenza rilevante per la conclusione del contratto e, in particolare, nella determinazione del consenso dell’assicuratore “non solo ai fini della valutazione del premio e della franchigia, ma anche in ordine alla stessa opportunità o scelta della società assicuratrice di concludere o meno il contratto”. Porre, quindi, l’assicuratore in grado di valutare, tra gli altri, il fattore di rilevanza contrattuale rappresentato dalla pregressa condotta e “sinistrosità” dell’assicurato.
Per quanto concerne l’elemento soggettivo della causa di annullamento del contratto, per reticenza o dichiarazioni inesatte ex articolo 1892 c.c.., la S.C. ribadiva che per configurarsi il dolo “… non è necessario che l’assicurato ponga in essere artifici o altri mezzi fraudolenti, sufficiente essendo la sua coscienza e volontà di rendere una dichiarazione inesatta o reticente; quanto alla colpa grave (ipotesi di specie), occorre che la dichiarazione inesatta o reticente sia frutto di una grave negligenza presupponente la coscienza dell’inesattezza della dichiarazione o della reticenza, con la consapevolezza dell’importanza dell’informazione inesatta o mancata rispetto alla conclusione del contratto ed alle sue condizioni.” E’ vero, anche, che l’obbligo informativo in capo all’assicurato deve, però, essere delimitato dall’assicuratore con riguardo agli elementi negozialmente rilevanti; essendo questi tenuto ad indicare le circostanze che ha necessità di conoscere per valutare l’opportunità della stipula. Un’informativa che non deve essere generica, confusa o tale da ingenerare dubbi di sorta nell’assicurato sulle circostanze che l’assicuratore chiede di apprendere, tantomeno estranea alla sussistenza di precedenti sinistri analoghi a quelli che si vanno a coprire e comunque significativi della probabilità di rischio, oggetto della nuova polizza.

La Cassazione Civile n.25783/2019 aveva confermato quanto deciso dalla Corte d’Appello in relazione all’eccezione sollevata dall’impresa di assicurazione circa il comportamento dell’assicurato che aveva illegittimamente taciuto alcune circostanze rilevanti circa il suo stato di salute tali che, ove conosciute, avrebbero indotto la compagnia a non stipulare la polizza. In particolare, l’aver sottaciuto di aver subìto, pochi giorni prima della stipula della polizza, un ricovero per epilessia, primo sintomo di una patologia oncologica che l’avrebbe portata alla morte. Il ricorrente giustificò detta omissione rappresentando che l’agente di assicurazioni, nell’ambito della propria discrezionalità, aveva deciso a quali patologie attribuire rilevanza ai fini del calcolo del premio, escludendo quelle di relativa entità e che al momento della stipulazione della polizza non si aveva evidenza della gravità della patologia. Una reticenza, quindi, dell’assicurato e la sua mala fede, indipendentemente dalla mancanza di consapevolezza di essere affetta da una specifica malattia.

Il contratto di assicurazione, invero, è annullabile per reticenza o dichiarazioni inesatte ex art.1892 c.c. quando l’assicurato abbia con coscienza e volontà omesso di riferire all’assicuratore, nonostante gli sia stata rivolta apposita domanda, circostanze suscettibili di esercitare una effettiva influenza sul rischio assicurato, non essendo necessaria anche la consapevolezza di essere affetto da una specifica malattia che abbia poi dato luogo al sinistro. Per valutare la correttezza del comportamento assunto dall’assicurato in rapporto agli obblighi informativi cui era tenuto nello stipulare, nel caso specifico, una polizza “vita”, il giudice, dunque, deve porre la sua attenzione sugli elementi denotanti le condizioni di salute, presenti al tempo della sottoscrizione della polizza, già noti o conoscibili da parte dell’assicurato, in base a un criterio di ordinaria diligenza, senza tener conto di quanto accaduto ex post se non in termini di ulteriore elemento di riscontro circa il collegamento logico-temporale con lo stato pregresso di salute. Così ha argomentato la Cassazione Civile n.24563/2018.