A fronte di un premio di euro 1.100.000, la polizza assicurativa di R.C.T. conteneva una clausola (definita “franchigia aggregata’) per effetto della quale l’Assicuratore si obbligava a tenere indenne l’Assicurato (nel caso in esame, una USL) solo per i sinistri che, cumulati nell’arco di un anno, avessero ecceduto l’importo di euro 1.300.000, fino ad un massimo di euro 10.000.000.
Per importi inferiori, il contratto prevedeva l’obbligo dell’Assicuratore di risarcire i terzi danneggiati e quello dell’Assicurato di rimborsare l’assicuratore con pagamenti rateali trimestrali.

Come ricordato da Cass. Civ. n.21217/2022 : “La franchigia è il patto in virtù del quale l’assicuratore e l’assicurato concordano che una parte del rischio resti a carico (sempre, oppure a determinate condizioni) del secondo.
 Può essere di vario tipo (semplice o relativa; assoluta; aggregata con o senza anticipazione): quella “aggregata”, oggetto del presente giudizio, sorse nella prassi assicurativa anglosassone, per poi approdare nel nostro Paese alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, principalmente nel campo delle assicurazione della r.c.a. di intere flotte di veicoli.
Il patto di franchigia aggregata ha molteplici funzioni, e tutte certamente meritevoli:

-) responsabilizzare l’assicurato, evitando il rischio di c.d. “azzardo morale” (il rischio, cioè, che l’assicurato si abbandoni a condotte imprudenti o negligenti, fidando nel fatto che i suoi danni saranno pagati dall’assicuratore);
-) ridurre i costi di gestione e liquidazione dei sinistri di meno rilevante valore;
-) consentire all’assicurato di accollarsi solo i rischi i cui costi ritiene, in base alla sinistrosità pregressa, di potere sostenere;
-) ridurre, conseguentemente, l’ammontare del premio, il cui importo è necessariamente legato alla frequenza dei sinistri;

-) nel caso di franchigia aggregata con anticipazione del risarcimento a carico della compagnia anche per i sinistri sottosoglia, infine (come nel caso di specie), l’assicurato si affranca dall’onere di gestione e liquidazione dei sinistri.
Si tratta dunque di funzioni tutte meritevoli di tutela, in quanto intese a responsabilizzare l’assicurato e ridurre i costi, mercé la relazione inversa: “maggior franchigia = minor premio”.”.

Il Tribunale, nel caso oggetto di ricorso, aveva dichiarato nullo il patto di franchigia per varie ragioni, tra cui: “che la grande sproporzione tra il premio e la franchigia trasformava quest’ultima in una componente del premio stesso, e dunque in un ulteriore ed ingiustificato costo” a carico dell’assicurato. La Corte d’Appello, invece, ne aveva dichiarata la validità.

Sul punto, la S.C. osservava: “La franchigia concordata dalle parti del presente giudizio, in primo luogo, non ha né privato il contratto della sua funzione indennitaria, né soppresso l’alea che ne forma elemento essenziale.

E’infatti pacifico che la polizza prevedeva un massimale di 10 milioni di euro: massimale non irraggiungibile, per una amministrazione sanitaria. Così, a mo’d’esempio, sarebbero stati sufficienti due diversi errori del personale sanitario intra partum (ad es., colpevole ritardo nell’esecuzione d’un parto cesareo, con ipossia cerebrale del neonato) per esporre la USL al rischio di risarcimenti che avrebbero eroso la maggior parte del massimale, se non la sua interezza.
Si vuol dire che alla stregua dei rischi cui era esposta la USL sotto il profilo della qualità, della quantità e della frequenza, appare arduo sostenere che la franchigia di 1,3 milioni abbia avuto l’effetto di “riversare sull’assicurato l’obbligazione risarcitoria da cui l’assicuratore avrebbe dovuto tenerlo indenne”.
In secondo luogo, il contratto prevedeva sì una franchigia aggregata, ma nello stesso tempo attribuiva all’assicuratore la funzione di anticipare gli indennizzi sottosoglia direttamente ai terzi danneggiati, salva rivalsa verso l’assicurato.
L’assicuratore, dunque, svolgeva anche una funzione di mandatario e garante, attività che costituiva di per sé un vantaggio per l’assicurato, e che non può essere trascurata allorché si tratti di stabilire se il contratto era privo di una causa concreta.”.

Ancora, in tema di “rapporto fra premio e rischio”, la S.C. illustrava che la correlazione tra rischio e premio riguarda il premio puro, non i caricamenti.
“Il premio puro non può essere inferiore al rapporto tra il costo complessivo dei sinistri pagati dall’assicuratore entro un certo periodo di tempo assunto come base di calcolo, e il numero complessivo degli assicurati, da calcolarsi su valide basi statistico-attuariali; nessun limite esiste tuttavia alla misura dei caricamenti, ovvero al compenso che l’assicuratore ritiene di esigere quale remunerazione della propria attività.
Così come il prezzo di qualsiasi bene o servizio, anche la tariffa d’una assicurazione può essere oggetto di libera contrattazione tra le parti, e salva l’ipotesi del dolo decettivo o di altri vizi del consenso, non basta dimostrare di aver pagato caro un servizio, per invocare la nullità del contratto.
In secondo luogo, ai fini dell’interpretazione del contratto “non costituisce idoneo strumento ermeneutico quello desunto dalla entità della tariffa, atteso che la determinazione di quest’ultima risulta da calcoli statistici e matematici (sulla frequenza dei rischi, sulle spese di organizzazione ecc.) rimessi esclusivamente all’assicuratore ed avulsi da veri e propri patti negoziali”. (Vds. Cass. civ. n.5663/1986).
Ciò non significa, continua la Corte, “..che una franchigia aggregata di elevato importo possa in realtà dissimulare una parte del premio; oppure possa essere concordata a scopo di elusione fiscale (al fine di ridurre la base imponibile su cui è calcolata l’imposta di cui all’art. 1 della L.29 ottobre 1961, n.1216), od ancora possa avere l’effetto di annullare di fatto l’alea contrattuale (ad es., quando sia di importo tale da rendere sommamente inverosimile che possa essere superata, avuto riguardo ai danni che l’assicurato può concretamente arrecare).”.
Quale mero esempio, “…possono costituire indici sintomatici della nullità del patto di franchigia aggregata, in quanto dissimulante una parte del premio, oltre l’entità della franchigia stessa, la circostanza che l’assicurato si obblighi a versarla all’assicuratore delegato alla liquidazione anche dei sinistri sottosoglia, per di più in quote fisse e periodiche (e non in base all’andamento dei sinistri); la circostanza che l’importo della franchigia sia posto a base del calcolo della provvigione dovuta all’intermediario; la circostanza che, negli anni precedenti, l’assicurato a copertura dei medesimi rischi avesse versato un premio pari alla somma del premio e della franchigia aggregata previsti dal nuovo contratto.”.
Nel caso in esame, però, indici sintomatici non sono stati né dedotti, né accertati.