Nell’argomentare sulle responsabilità connesse all’art.2049 cod. civ. attinenti, nel caso in esame, la proposizione di finte polizze vita da parte di un preposto dell’assicuratore, la Cassazione Civile n.5429/2022 ha ripercorso la consolidata giurisprudenza in materia di comportamento illecito del dipendente o preposto.
La S.C. ha affermato che “ .. il comportamento illecito del dipendente o preposto determina la responsabilità del preponente ogniqualvolta il fatto lesivo sia stato prodotto o agevolato da un comportamento riconducibile alla sua attività lavorativa, e quindi anche se questi abbia operato oltrepassando i limiti delle proprie mansioni, sempre che sia rimasto nell’ambito delle funzioni proprie dell’intermediario” (per la responsabilità dei promotori, vds. Cass. civ. n.8210/2013; Cass. civ. n.5020/2014; Cass. civ. n. 22956/2015; Cass. civ. n.18928/2017).
“L’intermediario finanziario – (ad esempio) -, risponde dell’illecito compiuto in danno di terzi da chi appaia essere un suo promotore o preposto, ed in tale apparente veste abbia commesso l’illecito, ogni qual volta l’affidamento del terzo risulti incolpevole e il comportamento – ancorché solo omissivo – dell’intermediario abbia concorso alla falsa rappresentazione della realtà …” (Cass. civ. n.8229/2006).
Per poter affermare, quindi, la concorrente responsabilità dell’impresa preponente è, quindi, sufficiente che il dipendente e/o preposto si presenti come tale, sfruttando la posizione che ha all’interno dell’organizzazione aziendale.
Al contrario, invece, non è configurabile una responsabilità dell’impresa preponente per il fatto dell’impiegato o preposto, interrompendo così il nesso causale, solo ove si verifichino determinate circostanze, quali una condotta del cliente del tutto “anomala” e cioè se non di collusione, quanto meno di consapevole e fattiva acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul preposto, note al cliente, od altra gravissima negligenza di questi.
Per tale aspetto, però, “ ..non è sufficiente la mera consapevolezza da parte del cliente della violazione da parte del “promotore” delle regole di settore, ma occorre che i rapporti tra promotore e investitore presentino connotati di anomalia, non necessariamente di connivenza o di collusione in funzione elusiva della disciplina legale, quanto meno di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore, palesata da elementi presuntivi, quali ad esempio il numero o la ripetizione delle operazioni poste in essere con modalità manifestamente irregolari, il valore complessivo delle operazioni, l’esperienza acquisita nell’investimento di prodotti finanziari, la conoscenza del complesso “iter” funzionale alla sottoscrizione di programmi di investimento e le sue complessive condizioni culturali e socio-economiche” (vds. Cass. civ. n.30161/2018; Cass. civ. n.7533/2018; Cass. civ. n.18928/2017; Cass. civ. n.22956/2015; Cass. civ. n.27925/2013).
Per quanto concerne l’onere della prova, all’investitore spetterà di provare l’illiceità della condotta del promotore (preposto) ed il rapporto di necessaria occasionalità che lo lega all’azienda, mentre a quest’ultima spetterà di provare che l’illecito sia stato consapevolmente agevolato in qualche misura dall’investitore in collusione con il promotore (Cass. civ. n.18928/2017).
Nel caso in specie, l’azione illecita del preposto si era concretizzata attraverso la proposizione di finte polizze vita, ottenendo il corrispondente importo di premio e con rendiconti che non contenevano alcun elemento di autenticità (non redatti su carta intestata della società di assicurazioni, né tantomeno sottoscritti).
La pregressa conoscenza del promotore, da parte degli investitori e il particolare inusuale affidamento ingenerato dal medesimo a fronte di circostanze obiettive che avrebbero dovuto suscitarne l’allarme, a prescindere dalla sua dipendenza dalla Compagnia di assicurazioni non rappresentavano, quindi, elementi riconducibili all’art.2049 c.c..