La Corte di appello aveva escluso che la polizza assicurativa avesse ad oggetto la responsabilità professionale inerente l’esercizio della professione di avvocato e ritenendo inesistente la garanzia assicurativa invocata.

Il ricorso in Cassazione, quindi, si basava sull’errata lettura del contratto assicurativo, per cui nell’ambito dell’assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi (RCT), non si era valorizzata la formula compresa nel frontespizio della polizza, nel quale era indicato il rischio concreto assicurato con le seguenti parole prestampate: “l’impresa presta l’assicurazione per la responsabilità derivante all’assicurato ai sensi di legge nella sua qualità di..” e con le successive note dattiloscritte “di esercente la libera professione di avvocato e/o di procuratore legale”. In sostanza, non veniva risolto il contrasto tra formula dattiloscritta e prestampata in favore di quella dattiloscritta che individua il rischio assicurato nell’esercizio della libera professione di avvocato.

In relazione ai criteri ermeneutici ed oggettivi (artt.1366 e 1370 c.c.) la Cass. civ. n.3288/2022 ha osservato che: “.. in particolare, il criterio di lettura della polizza secondo il senso fatto proprio dalle parole ai sensi dell’art.1362 c.c., là nella prima pagina, dove enuncia a stampa che «in base alle condizioni tutte che seguono l’impresa presta l’assicurazione per la responsabilità derivante all’assicurato ai sensi dei legge nella sua qualità di: Esercente la libera professione di avvocato e/o procuratore legale, avente lo studio in …………………», utilizza espressioni che – per il fatto stesso di evocare l’esercizio della professione legale di avvocato e/o di procuratore – sono idonee a correlare la garanzia allo svolgimento tout court dell’attività professionale e, dunque, sia a fatti inerenti a tale svolgimento sul piano contrattuale sia a fatti inerenti ad esso al di fuori di detto piano e, dunque, sul piano extracontrattuale.”.

Con lo stesso criterio, nelle condizioni generali del contratto, nella parte concernente le “norme che regolano la responsabilità civile dell’assicurato” della polizza, evidenzia la S.C., “.. la previsione ivi indicata relativa ai «danni involontariamente cagionati a terzi, per morte, per lesioni personali e per danneggiamenti a cose, in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi in relazione ai rischi per i quali è stipulata l’assicurazione» risulta del tutto inidonea a definire il rischio assicurato, posto che le indicazioni date con tali espressioni per il loro stesso tenore non risultano definire il rischio assicurato in alcun modo”.
In particolare, “il riferimento al «fatto accidentale verificatosi in relazione ai rischi per i quali è stipulata l’assicurazione», rinviando a qualcosa che la stessa polizza considera in questa sede aliunde,” non rappresenta una previsione idonea a definire il rischio assicurato, con la conseguenza che chi legge la clausola non sa quali siano i rischi per cui la polizza è stipulata.

L’inesistente funzione definitoria dell’oggetto della garanzia, così come emerge dalla lettura della clausola prima evidenziata, è confermata anche dall’applicazione del criterio di cui all’art.1363 c.c. che esige, sul piano dell’esegesi, l’interpretazione delle clausole le une per mezzo delle altre.

Applicando, quindi, i criteri oggettivi di interpretazione con riguardo alla buona fede contrattuale nonché all’interpretazione contro l’autore della clausola ai sensi degli artt.1366 e 1370 c.c., la S.C. ha confermato la lettura della polizza per quanto osservato, accogliendo i motivi del ricorso.