
Veniva concesso un mutuo fondiario per l’acquisto di un immobile ed i mutuatari, con l’erogazione del mutuo, avevano “obbligatoriamente aderito” ad una assicurazione sulla vita proposta dall’istituto di credito.
La polizza prevedeva che, in caso di morte di uno dei mutuatari, l’assicuratore avrebbe versato alla banca mutuante un indennizzo pari all’importo residuo del mutuo.
Dopo la stipula del mutuo, i due mutuatari vendettero l’immobile acquistato con il mutuo stesso e l’acquirente si accollò (art.1273 c.c.) il debito restitutorio verso banca e quindi, anche, l’assicurazione sulla vita stipulata dai mutuatari doveva ritenersi “trasferita” all’accollante.
L’acquirente dell’immobile (accollante), successivamente deceduto, lasciava quali eredi gli originari mutuatari che chiesero all’assicuratore della polizza vita il relativo indennizzo.
L’assicuratore lo negò poiché, l’accollante il mutuo, non aveva mai stipulato alcun contratto di assicurazione e che detto accollo “non aveva avuto alcun effetto sul contratto assicurativo”. L’assicuratore, in ogni caso, aveva rimborsato agli originari mutuatari la parte di premio corrispondente al periodo di copertura non goduta, così estinguendo il contratto.
Sul tema, Cass. civ. n.23296/2022 ha espresso il seguente principio di diritto:
”L’accollo di un mutuo fondiario non comporta ipso iure – (per il diritto stesso, quale effetto giuridico immediato) – la cessione all’accollante del contratto di assicurazione sulla vita del mutuatario, stipulato dall’accollato al momento della conclusione del mutuo”.
La S.C., sul caso, ha compiuto varie osservazioni.
In primo luogo, il contratto di assicurazione prevedeva espressamente che “la garanzia cessa in caso di trasferimento del mutuo” e che la cessazione della polizza poteva essere evitata, mantenendo il contratto di assicurazione in vita, soltanto se gli ”assicurati” (gli originari mutuatari accollati) avessero “richiesto di fornire la copertura assicurativa a favore del nuovo beneficiario designato”. Tale richiesta, però, non fu effettuata per cui il contratto di assicurazione si estinse per effetto dell’espressa previsione contrattuale.
In secondo luogo, nell’assicurazione sulla vita non può affermarsi che la persona portatore di rischio possa comunque mutare, in assenza d’una espressa previsione in tal senso. “Nell’assicurazione sulla vita, infatti, l’indennizzo dipende dall’età del portatore di rischio (c.d. rischio demografico), sicché la sostituzione della persona di questi incide necessariamente sul rischio e, di conseguenza, sul premio. Per l’assicuratore sulla vita non è dunque indifferente stipulare una polizza sulla vita d’un ventenne piuttosto che d’un ottuagenario, perché mutando l’aspettativa di vita, muta con essa il rischio assicurato. “.
In terzo luogo, non è condivisibile sostenere che chiunque avesse acquistato la qualità di “mutuatario” avrebbe, solo per ciò, acquistato anche la qualità sia di “portatore di rischio” che di “beneficiario” del diritto all’indennizzo, secondo la ratio dell’art.1891 c.c..
Al contrario, salvo diverse ed espresse pattuizioni negoziali (mancanti nel caso in esame), l’art.1891 c.c. consente la circolazione della qualità di creditore dell’indennizzo, ma non della persona portatore di rischio.
“Se infatti in un contratto di assicurazione sulla vita mutasse il portatore di rischio non circola il credito indennitario (il beneficiario, infatti, potrebbe teoricamente restare invariato), ma muta il rischio dedotto ad oggetto del contratto.
Se le parti concordano un mutamento del beneficiario, tale accordo può costituire una cessione (del contratto o del credito); se invece concordano un mutamento del rischio assicurato tale accordo costituisce una novazione, non una cessione, del contratto.”.
Pertanto, “.. nell’assicurazione sulla vita la persona del portatore di rischio non può mutare automaticamente per il solo fatto dell’acquisto o della perdita d’una determinata qualità soggettiva, come quella di debitore del mutante.”.