La responsabilità medico-sanitaria è disciplinata dalla Legge 8 marzo 2017, numero 24 (la cosiddetta legge Gelli-Bianco) recante disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie. Numerosi sono gli aspetti innovativi che connotano la legge in esame. Innanzitutto, viene meno la distinzione tra colpa grave e colpa lieve ai fini della responsabilità penale del medico. L’articolo 6 introduce nel Codice Penale la fattispecie di responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario, prevedendo una forma di esclusione della punibilità, qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia e qualora siano state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida, ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali. Viene, contestualmente, abrogato l’articolo 3 della legge 8 novembre 2012, numero 189 che, in caso di colpa lieve, escludeva la responsabilità del medico il quale si fosse attenuto alle linee guida e alle buone pratiche accreditate.

Per quanto riguarda l’ambito della responsabilità civile, l’articolo 7 della Legge Gelli-Bianco opera una distinzione tra la responsabilità della struttura sanitaria e la responsabilità dell’esercente la professione sanitaria. La struttura sanitaria risponde a titolo contrattuale, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 c.c. per i fatti dolosi o colposi dei terzi della cui prestazione si avvale. Invece, il singolo esercente la professione medica risponde del proprio operato ex articolo 2043 c.c. Se, però, il medico ha agito nell’adempimento di un’obbligazione contrattuale assunta con il paziente, è possibile agire nei confronti dei singoli medici anche sotto il profilo contrattuale, allegando l’esistenza del vincolo contrattuale stesso. Il danno conseguente all’attività della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e dell’esercente la professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli art.138 CdA e art.139 del Codice delle Assicurazioni Private, con la procedura di cui al comma 1 dell’articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli.

Sul piano processuale, l’articolo 8 disciplina la consulenza tecnica preventiva tramite ricorso ex art.696 bis c.p.c., quale condizione di procedibilità per la successiva azione civile in alternativa alla mediazione. Laddove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diventa procedibile e gli effetti sono fatti salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, è depositato il ricorso di cui all’articolo 702-bis c.p.c. L’azione può anche essere esperita direttamente nei confronti dell’assicurazione -obbligatoria ex articolo 10- del medico o della struttura, nei limiti del massimale previsto dal contratto di assicurazione: in questo caso, l’assicurato è litisconsorte necessario nel procedimento.

Giurisprudenza:

Cass.Civ.n.8664/2017 “Allorquando infatti la responsabilità medica venga invocata a titolo contrattuale, cioè sul presupposto che fra il paziente ed il medico e/o la struttura sanitaria sia intercorso un rapporto contrattuale (o da “contatto sociale”), la distribuzione inter partes del carico probatorio riguardo al nesso causale deve tenere conto della circostanza che la responsabilità è invocata in forza di un rapporto obbligatorio corrente fra le parti ed è dunque finalizzata a far valere un inadempimento oggettivo: sul danneggiato grava dunque solo l’onere di allegare qualificate inadempienze, astrattamente idonee a porsi come causa o concausa del danno, nella prestazione del medico inserita nella sequenza eziologica da cui è scaturito il lamentato pregiudizio.”

Cass.Civ.n.24073/2017 “Deve al riguardo essere ribadito il principio di diritto secondo cui in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell’onere probatorio l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo invece a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato, ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante.”

Cass.Civ.n.50078/2017 “L’art. 590-sexies cod. pen., comma 2, articolo introdotto dalla L. 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), prevede una causa di non punibilità dell’esercente la professione sanitaria operante, ricorrendo le condizioni previste dalla disposizione normativa (rispetto delle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinico-assistenziali, adeguate alla specificità del caso), nel solo caso di imperizia, indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guide e delle buone pratiche con la condotta imperita nell’applicazione delle stesse.”