L’illecito endofamiliare
La Cassazione civile n.9801/2005 ha riconosciuto per la prima volta l’illecito endofamiliare. Prima, non erano previste tutele risarcitorie se a ledere un familiare era un componente della stessa famiglia. L’unico illecito riconosciuto a tutela della famiglia, come entità unitaria, era solo quello “esofamiliare”, ovvero quello che si realizzava quando a ledere un componente del nucleo familiare era un soggetto esterno, estraneo, quindi alla famiglia stessa.
L’illecito “endofamiliare” si inserisce all’interno dell’evoluzione giurisprudenziale che ha caratterizzato negli ultimi anni l’istituto della famiglia. Nel 2008 la persona viene messa al centro, per cui ledere un componente del nucleo familiare significa ledere un diritto della persona costituzionalmente garantito, andando incontro, in ambito civile, a responsabilità extracontrattuale ex artt. 2043 e 2059 c.c..
Le responsabilità civili tra coniugi
Nel momento in cui una coppia contrae matrimonio è tenuta al rispetto di precisi doveri coniugali. Come prevede l’art. 143 c.c.: “1. Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. 2. Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione. 3. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.”
Fino a qualche tempo fa la giurisprudenza era restia a riconoscere il risarcimento del danno in favore del coniuge che, all’interno del matrimonio, non vedeva rispettati i propri diritti a causa dell’altro. Si riteneva che in qualche modo gli istituti della separazione con addebito e il divorzio fossero già di per se rimedi sufficienti a tutelare tutte quelle situazioni in cui era presente una palese violazione dei doveri da parte di uno dei coniugi.
Oggi, i casi che più di frequente conducono al riconoscimento del diritto al risarcimento del danno “endofamiliare” riguardano:
– la violazione del dovere di fedeltà quando è così grave da ledere la dignità del coniuge che la subisce;
– le condotte violente o discriminatorie;
– la lesione dell’integrità psico-fisica;
– il nascondere all’altro stati di malattia, impotenza a procreare o gravidanze extraconiugali;
– la mancata assistenza morale e materiale.
Non tutti i danni endofamiliari sono risarcibili. Come precisato infatti dalla Cass. civ. n.18356/2009, essi devono rispondere a precisi requisiti in quanto “..la peculiarità del danno non patrimoniale viene individuata nella sua tipicità, avuto riguardo alla natura dell’art.2059 c.c., quale norma di rinvio ai casi previsti dalla legge (e quindi ai fatti costituenti reato o agli altri fatti illeciti riconosciuti dal legislatore ordinario produttivi di tale tipo di danno) ovvero ai diritti costituzionali inviolabili presieduti dalla tutela minima risarcitoria, con la precisazione in quest’ultimo caso, che la rilevanza costituzionale deve riguardare l’interesse leso e non il pregiudizio conseguentemente sofferto e che la risarcibilità del pregiudizio non patrimoniale presuppone, altresì, che la lesione sia “grave” (e cioè superi la soglia minima di tollerabilità, imposta dai doveri di solidarietà sociale) e che il danno non sia futile (vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi o sia addirittura meramente immaginario).”
Le responsabilità civili dei genitori nei confronti dei figli
Quando si parla di illecito endofamiliare in relazione ai figli, cambia il quadro normativo di riferimento. Questo perché, con la Legge n.54/2006 è stato introdotto l’art.709 ter c.p.c., secondo comma che prevede:
“In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente:
1) ammonire il genitore inadempiente;
2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori nei confronti del minore;
3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro;
4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.”
Al Giudice viene quindi riconosciuto il potere d’intervenire nelle questioni famigliari quando il benessere del minore viene leso dai comportamenti dei genitori. Gli artt.2 e 30 Cost. prevedono infatti che è compito e precisa responsabilità dei genitori assicurare al minore il pieno sviluppo della propria personalità.
La Cassazione civile n.6833/2016, a fronte della asserita imprescrittibilità della domanda risarcitoria avanzata da parte di un figlio nei confronti del padre, ha, invece, precisato che: “E’ insegnamento consolidato di questa Corte regolatrice quello secondo il quale la violazione di un diritto assoluto (quale la vita, la libertà, la salute, la dignità e l’integrità morale della persona), che costituisca la causa petendi di un’azione risarcitoria, non trasforma, per una sorta di traslazione contenutistica …. il conseguente diritto al risarcimento del danno in un diritto imprescrittibile, restando quest’ultimo collocato tout court nell’area dell’illecito aquiliano, disciplinato in via generale dalla regola prescrizionale di cui all’art.2947 c.c., qual che sia il fatto illecito che abbia cagionato il danno, qual che sia il diritto inciso dalla condotta illecita del danneggiante (…)”.