La disciplina sulle immissioni sonore provenienti dalla strada pubblica è contenuta nella Legge quadro n.447/1995 e nel D.P.R n.142/2004 contenete le disposizioni per il contenimento e la prevenzione dell’inquinamento pubblico derivante dal traffico veicolare, a norma dell’art. 11 della legge suddetta.
Le immissioni che provengono dalla strada pubblica infatti rientrano tra le sorgenti sonore previste dall’art. 2, della legge n. 447/1995, in grado di produrre inquinamento acustico, definito dalla lettera a) art. 2 l. 447/1995 come “l’introduzione di rumore nell’ambiente abitativo o nell’ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell’ambiente abitativo o dell’ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi.”
Come precisato poi dal D.P.R n.142/2004 per strade pubbliche, definite, in gergo tecnico “infrastrutture stradali” devono intendersi le strade extraurbane primarie, secondarie, urbane di scorrimento, di quartiere e locali.
La competenza in materia d’inquinamento acustico spetta allo Stato, alle Regioni, alle Province e ai Comuni, a cui la legge attribuisce il compito più importante, ovvero l’adozione dei piani di risanamento, il controllo del rispetto della normativa e la rilevazione e il controllo delle emissioni sonore prodotte dai veicoli. Spetta infine alle società e agli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, autostrade comprese, se superano i valori previsti dal D.P.R n.142/2004, l’obbligo di predisporre e presentare al comune piani di contenimento e abbattimento del rumore.
Alla responsabilità amministrativa prevista nei confronti dei soggetti che, nell’esercizio o nell’impiego di una sorgente fissa o mobile di emissioni sonore come le strade, supera i valori previsti dalla legge, si affianca anche quella civile e penale, previste nel caso in cui il valore della fonte di rumore sia così elevato da configurare un reato o da giustificare una richiesta risarcitoria.
Giurisprudenza:
– Cassazione n.37184/2014 “Ritiene il Collegio che, pur in presenza di decisioni in senso difforme, vada confermato l’indirizzo interpretativo secondo il quale, anche a seguito dell’entrata in vigore della L.447/1995, la fattispecie prevista dal comma 2 dell’659 c.p. non è stata depenalizzata. Si è evidenziato, infatti, che l’art.659 co.2 c.p. “tutela lo stesso interesse, la tranquillità pubblica ricomprendente la quiete privata, ma fa discendere conseguenze sanzionatorie più lievi dalla sua lesione o messa in pericolo, quando ciò derivi non da comportamenti privi di collegamento con altri interessi ritenuti dall’ordinamento apprezzabili, ma dall’irregolare svolgimento di un’attività lavorativa in sé rumorosa, categoria in cui deve senz’altro rientrare l’esercizio di una discoteca”. Se tale è la “ratio” e l’inquadramento sistematico della norma, non è applicabile “il principio di specialità di cui all’art.9 della legge 689/1981, poiché la fattispecie di cui all’art.659 comma 2 contiene un elemento, mutuato da quella di cui al comma 1 con cui il comma 2 va posto in relazione, estraneo alla fattispecie prevista dall’art.10 legge 447/1995 che tutela genericamente la salubrità ambientale, limitandosi a stabilire, e a sanzionare in via amministrativa il superamento, i limiti di rumorosità delle sorgenti sonore oltre i quali deve ritenersi sussistente l’inquinamento acustico. Tale elemento è rappresentato proprio da quella concreta idoneità della condotta rumorosa, che determina la messa in pericolo del bene della pubblica tranquillità tutelato da entrambi i commi dell’art.659 c.p., a recare disturbo al riposo ed alle occupazioni di una pluralità indeterminata di persone..” (cfr.Cass. pen. n.25103/2004; cfr. anche, Cass.pen. n.44167/2009).”;
– Cassazione civile n.16074/2016 “questa Corte ha più volte affermato (sentt. nn. 1418/06, 939/11, 8474/15), in materia di immissioni, mentre è senz’altro illecito il superamento dei livelli di accettabilità stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive, fissano nell’interesse della collettività le modalità di rilevamento dei rumori e i limiti massimi di tollerabilità, l’eventuale rispetto degli stessi non può fare considerare senz’altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi alla stregua dei principi di cui all’art.844 c.c., tenendo presente, fra l’altro, la vicinanza dei luoghi e i possibili effetti dannosi per la salute delle immissioni. Né una revisione di tale principio può essere indotta dal disposto dell’articolo 6 ter del decreto legge n.208/08, specificamente invocato dalla ricorrente incidentale; in proposito questa Corte ha già avuto modo di precisare – con la sentenza Cass.civ. n.20927/15, che il Collegio condivide – che, in tema di immissioni acustiche, la differenziazione tra tutela civilistica e tutela amministrativa mantiene la sua attualità anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art.6 ter del d.l. n.208 del 2008, convertito con modificazioni in L.n.13 del 2009, giacché a tale disposizione non può aprioristicamente attribuirsi una portata derogatoria e limitativa dell’art.844 c.c., con l’effetto di escludere l’accertamento in concreto del superamento del limite della normale tollerabilità, dovendo comunque ritenersi prevalente, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, il soddisfacimento dell’interesse ad una normale qualità della vita rispetto alle esigenze della produzione.”;
– Cassazione civile n.14180/2016 “Nel caso specifico, si discorreva di inquinamento acustico derivante da sorgente mobile, quale il traffico veicolare dell’autostrada della cui costruzione e del cui esercizio la società convenuta era concessionaria. La causa petendi – per quanto dalla sentenza si apprende – era circoscritta agli artt.32 Cost. e art.2043 cod. civ., dovendosi giudicare di immissioni recanti pregiudizio alla salute umana e all’ambiente. Pertanto la verifica del superamento della soglia di normale tollerabilità (finanche rapportata all’art.844 cod. civ.) comportava doversi escludere qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e/o di priorità dell’uso, venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l’illiceità del fatto generatore del danno, rientrante nello schema dell’azione generale di cui all’art.2043 cod. civ.”.