La responsabilità oggettiva del custode è prevista e disciplinata dall’art.2051 del codice civile che così dispone:

“Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.”. La responsabilità oggettiva del custode quindi è presente quando la cosa in custodia, in virtù di un rapporto di fatto o di diritto, produce un danno. Il custode di conseguenza è responsabile per i danni cagionati dalla cosa in virtù del rapporto esistente con la cosa.

L’art.2051 c.c prevede una responsabilità presunta a carico del custode, il quale ha la possibilità di essere esonerato da tale giudizio, se riesce a dimostrare che il danno, in realtà, è stato cagionato dal caso fortuito, a cui la giurisprudenza riconduce l’evento imprevedibile ed eccezionale in grado d’interrompere il nesso di causa, il fatto del terzo o del danneggiato. Il custode tuttavia non è sempre e comunque responsabile, ma lo è nella misura in cui, non ha provveduto, come accade nei casi d’insidia stradale, all’adeguata sorveglianza e manutenzione della cosa, ossia della rete viaria.

La responsabilità oggettiva del custode contemplata dall’art.2051 c.c. si configura pertanto nel momento in cui:

– il danneggiato dimostri il nesso di causa tra la cosa in custodia e il danno;

– il custode abbia sulla cosa un potere effettivo e la possibilità d’intervenire per evitare il danno, attraverso una preventiva attività di sorveglianza, manutenzione e segnalazione di eventuali vizi;

– il danno sia cagionato dalla cosa, a prescindere dalla sua insidiosità, considerato che l’accertamento della responsabilità oggettiva si limita alla verifica dell’esistenza del nesso eziologico.

Giurisprudenza:

– Cass. civ. n.5485/2015 “La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall’art.2051 c.c. ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza. Ciò che vuol dire che le nozioni di insidia e trabocchetto non sono rilevanti per la responsabilità da custodia di cui all’art.2051 c.c. che opera anche per la Pubblica Amministrazione in relazione ai beni demaniali ( Cass.civ. n.23919/2013; Cass.civ. n.6101/2013 ). La nozione di custodia nel caso rilevante, infatti, non presuppone, nè implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario. Funzione della norma è, invece, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d’uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta. Corollario di quanto si è detto è che tale tipo di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito – da intendersi questo nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato -, fattore che attiene, non già ad un comportamento del custode (che é irrilevante), bensì al profilo causale dell’evento, riconducibile, non alla cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità.”;

– Cass. civ. n.13274/2016 “particolarmente preciso e completo è l’insegnamento di Cass.civ. n.4279/2008:
” La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall’art.2051 c.c. ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia nel caso rilevante non presuppone nè implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositaria, e funzione della norma è, d’altro canto, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d’uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta. Ne consegue che tale tipo di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito (da intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato), fattore che attiene non già ad un comportamento del custode (che é irrilevante) bensì al profilo causale dell’evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità. L’attore che agisce per il riconoscimento del danno ha, quindi, l’onere di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua responsabilità, deve provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale.”; su questa linea Cass. sez. 3, 25 luglio 2008 n. 20427 puntualizza che al custode “per andare esente da responsabilità non sarà sufficiente provare la propria diligenza nella custodia, ma dovrà provare che il danno è derivato da caso fortuito”; e il caso fortuito – che possa consistere anche nella condotta di un terzo o del danneggiato stesso è stato confermato pure dalla Cass.civ. n.18317/2015 – libera dalla responsabilità il custode perché svaluta la connessione tra la cosa da lui custodita e il danno a mera occasione, come rileva Cass.civ. n.23584/2013; cfr. altresì Cass.civ. n. 28811/2008 , Cass.civ. n.4476/2011 e Cass. civ. n. 11016/2011 ).”;

– Cass. civ. n.25146/2018 “Con riferimento alla responsabilità per danni da cose in custodia, questa Sezione ha di recente puntualizzato i principi via via affermati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo i quali: “la responsabilità ex art.2051 cod. civ. postula la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa (Cass.civ. n.15761/2016); ad integrare la responsabilità è necessario (e sufficiente) che il danno sia stato «cagionato» dalla cosa in custodia, assumendo rilevanza il solo dato oggettivo della derivazione causale del danno dalla cosa, mentre non occorre accertare se il custode sia stato o meno diligente nell’esercizio del suo potere sul bene, giacché il profilo della condotta del custode è -come detto- del tutto estraneo al paradigma della responsabilità delineata dall’art.2051 cod. civ. (ex multis, Cass.civ. n.4476/2011); ne consegue che il danneggiato ha il solo onere di provare l’esistenza di un idoneo nesso causale tra la cosa ed il danno, mentre al custode spetta di provare che il danno non è stato causato dalla cosa, ma dal caso fortuito, nel cui ambito possono essere compresi, oltre al fatto naturale, anche quello del terzo e quello dello stesso danneggiato; si tratta, dunque, di un’ipotesi di responsabilità oggettiva (per tutte, Cass.civ. n.12027/2017) con possibilità di prova liberatoria, nel cui ambito il caso fortuito interviene come elemento idoneo ad elidere il nesso causale altrimenti esistente fra la cosa e il danno.”.