
Il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall’altrui illecito, può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva, tipicamente integrata dalla gravità delle lesioni. Nello specifico caso, stante la strettissima convivenza familiare tipica del rapporto tra genitori e figlio.
Così ha argomentato la Cassazione Civile con Ordinanza n.1640/2020 in relazione alla perdita di una gamba del figlio dei ricorrenti che a seguito di un incidente stradale veniva ricoverato in una clinica e accertata la responsabilità professionale dei convenuti (medici e ASL), chiedevano il risarcimento dei danni non patrimoniali.
La Corte di Cassazione nel ribadire il seguente principio di diritto: “il danno non patrimoniale consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa dall’altrui illecito, può essere dimostrato ricorrendo alla prova presuntiva, tipicamente integrata dalla gravità di lesioni quali la perdita di un arto inferiore, in uno alla convivenza familiare strettissima propria del rapporto filiale” ha, anche, osservato come l’accertamento della responsabilità del medico assicurato, svolto in una situazione di litisconsorzio necessario processuale, giustificava che il ricorso dovesse avere come destinatario anche la Compagnia di assicurazioni.