La ricorrente (azienda di costruzione) lamentava in Cassazione che il termine di prescrizione quinquennale per l’azione di risarcimento del danno, nei confronti di un fornitore di lastre difettose, dovesse decorrere dalla data in cui il danno si era reso oggettivamente manifesto e in modo riconoscibile, quindi, non dal giorno in cui si era tenuta la condotta illecita del prodotto fornito bensì dal giorno del verificarsi del danno.
Nel caso in specie, la ricorrente aveva acquistato da un fornitore delle lastre in fibrocemento che avevano manifestato fessurazioni da cui erano derivate infiltrazioni di acqua con danni all’immobile e la conoscenza del difetto delle lastre era emersa solo a seguito della denuncia fatta dall’appaltatore dei lavori.

La Cassazione civile n.9374/2020 accoglieva il ricorso sulla base dell’orientamento consolidato, secondo il quale: “In tema di risarcimento del danno da fatto illecito, il dies a quo dal quale la prescrizione comincia a decorrere va individuato nel momento in cui il soggetto danneggiato abbia avuto – o avrebbe dovuto avere, usando l’ordinaria diligenza – sufficiente conoscenza della rapportabilità causale del danno lamentato.”.

L’azione intrapresa verso il fornitore veniva qualificata come richiesta di risarcimento ex art.2043 c.c. poiché, anche se il fatto si era verificato prima della entrata in vigore del D.P.R. 24 maggio 1988 n. 224 che non aveva effetto retroattivo, il fornitore poteva essere chiamato a risponderne, ai sensi del succitato articolo, per il danno derivante da un difetto del prodotto messo in commercio.

Aggiungeva, inoltre, la Suprema Corte, che l’appaltatore si trovava, rispetto ai materiali acquistati presso terzi e messi in opera in esecuzione del contratto,”.. in una posizione analoga a quella dell’acquirente successivo nell’ipotesi della cd. “vendita a catena”, potendosi, conseguentemente, configurare, in suo favore, due distinte fattispecie di azioni risarcitorie: quella contrattuale relativa ai danni propriamente connessi all’inadempimento in ragione del vincolo negoziale, e deducibili con l’azione contrattuale ex art.1494, comma 2, c.c. relativa alla compravendita (corrispondente, per l’appalto, a quella ex art.1668 c.c.), e quella extracontrattuale per essere tenuto indenne di quanto versato al committente ex art.1669 c.c. in ragione dei danni sofferti per i vizi dei materiali posti in opera”.

Secondo l’orientamento consolidato della Corte, nel contratto di vendita, la responsabilità contrattuale concorre con quella extracontrattuale in relazione a un evento dannoso che, unico nella sua genesi soggettiva e risalente allo stesso comportamento del suo autore, leda, oltre ai diritti acquisiti dalla parte in base al contratto, anche i diritti assoluti della medesima.

“Tale principio è operante anche in tema di responsabilità per i vizi della cosa venduta, giacché il secondo comma dell’art.1494 cod. civ. non riguarda qualsiasi danno giuridicamente rilevante causato dai vizi della cosa, ma si riferisce alla sola lesione degli interessi connessi con il vincolo negoziale e con esclusione, quindi, del pregiudizio arrecato agli interessi del compratore che, essendo sorti al di fuori del contratto, hanno la consistenza di diritti assoluti – come il diritto dell’appaltatore-acquirente ad essere tenuto indenne dal danno patito per aver dovuto risarcire il committente per i difetti di costruzione derivanti dal vizio della cosa venduta ex art.1669 c.c.”.