L’art.90, secondo comma, lett.e), del d.P.R. n.616 del 1977, l’art.10, primo comma, lett.f), della legge n.183 del 1989, l’art.89, comma 1, lett. a), del d.lgs. n.112 del 1998, (quadro normativo rilevante ratione temporis) per l’evento dannoso occorso nel caso in esame, attribuiva alla Regione la manutenzione dell’argine di un torrente appartenente al demanio, con le conseguenti responsabilità in qualità di custode ex art.2051 c.c., per i danni cagionati dalla “cosa pubblica”.
Un conforme consolidato orientamento sul tema delle Sezioni Unite di Cassazione, tra cui, Cass. civ. n.25928/2011; Cass. civ. n.13860/2015, per cui “..spetta all’Autorità amministrativa provvedere al mantenimento delle condizioni di regolarità dei ripari e degli argini o di qualunque altra opera fatta entro gli alvei e contro le sponde. Sicché fa carico alla Regione – alla quale sono state trasferite le funzioni concernenti la polizia delle acque e, per altro verso, sono stati affidati l’organizzazione ed il funzionamento del servizio di polizia idraulica, di piena e di pronto intervento idraulico, nonché la gestione e la manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni…”.
Le succitate osservazioni delle S.U. di Cass. n.616/2019 vertevano sullo straripamento di un corso d’acqua naturale senza opere di regimentazione o di altra natura che, a causa di precipitazioni atmosferiche (non integranti l’ipotesi del “caso fortuito”), aveva danneggiato estesi terreni agricoli con le relative coltivazioni.
Come, infatti, ribadito e precisato da Cass. civ. n.2482/2018, “..le precipitazioni atmosferiche integrano l’ipotesi di caso fortuito, ai sensi dell’art.2051 c.c., allorquando assumano i caratteri dell’imprevedibilità oggettiva e dell’eccezionalità, da accertarsi con indagine orientata essenzialmente da dati scientifici di tipo statistico (i c.d. dati pluviometrici) riferiti al contesto specifico di localizzazione della res oggetto di custodia, la quale va considerata nello stato in cui si presenta al momento dell’evento atmosferico.”.
L’adozione, inoltre, da parte della Regione di delibere attinenti lo “stato di calamità” “..non costituisce di per sé prova dell’eccezionalità ed imprevedibilità degli eventi meteorici che abbiano causato danni alla popolazione, in quanto il concetto di “calamità naturale” espresso nelle leggi sulla protezione civile si riferisce al danno o al pericolo di danno e alla straordinarietà degli interventi tecnici destinati a farvi fronte, non alle caratteristiche intrinseche degli eventi naturali che di quel danno siano stati la causa o la concausa.”.
Nel caso in specie, infine, la presenza di un Consorzio di bonifica come sancito da Cass. civ. n.7232/1992 che “..abbia provveduto su concessione amministrativa (della Regione) ad eseguire opere di sistemazione idraulica su di un corso d’acqua iscritto nell’elenco delle acque pubbliche, non implica di per sé che, ad opere compiute, il consorzio stesso sia responsabile della manutenzione di quel corso d’acqua; la quale spetta, invece, allo Stato o ad altri enti, come gli appositi consorzi per le opere idrauliche nettamente distinti dai consorzi di bonifica.”.
La responsabilità del Consorzio, con conseguente obbligazione risarcitoria per i danni cagionati da difetto di manutenzione, “… può sorgere solo quando il rapporto effettivamente instauratosi fra questo concessionario delle opere suddette e l’ente concedente possa, alla stregua dei rispettivi comportamenti, risultare idoneo alla produzione di un tale effetto, come nel caso in cui la manutenzione sia stata affidata in via esclusiva allo stesso consorzio di bonifica fornitore delle opere.”.
Detto Consorzio, tra l’altro, qualora abbia provveduto, di fatto, alla manutenzione di un canale o corso d’acqua, pur non essendovi tenuto, ne assumerebbe la custodia e la gestione e ne risponderebbe, ai sensi dell’art.2051 o dell’art. 2043 cod. civ., per il risarcimento dei danni cagionati da difetto di manutenzione (Cass. civ. n.5394/2007; Cass. civ. n.9591/2012).