
Un Comune si era rifiutato di rimborsare al proprio Sindaco l’intero importo delle spese legali e processuali sostenute in relazione ad un giudizio di responsabilità contabile per presunte irregolarità, da cui veniva integralmente assolto.
Il motivo del diniego addotto dal Comune atteneva la violazione dell’art.3, comma 2 bis, D.L. n.543/1996 che consente di porre a carico dell’amministrazione di appartenenza le spese legali del giudizio contabile in caso di proscioglimento dell’incolpato, solo per i soggetti legati con il Comune da un rapporto di impiego e non è estensibile agli amministratori o al Sindaco, assimilabili ai funzionari onorari.
Nel contempo, l’Assicuratore contestava l’azione di manleva sostenendo che, ai sensi dell’art.1891 c.c., il Comune, avendo stipulato l’assicurazione per conto e nell’interesse del Sindaco, non poteva avvalersi della polizza, non essendo il soggetto assicurato.
Sull’argomento, la sentenza di Cass. civ. n.18046/2022 ne ha chiarito i vari aspetti per il caso in esame.
In primo luogo, per evitare che le spese di difesa restino a carico dell’incolpato, l’art.3, comma 2 bis, D.L. 543/1996 (tuttora in vigore) ha introdotto la possibilità di porre dette spese all’amministrazione di appartenenza in caso di definitivo proscioglimento, ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell’art.1 L. n.20/1994. La norma opera, testualmente, a beneficio di tutti i soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti.
In secondo luogo, l’art.18, comma primo, D.L. n.67/1997 prevede, invece, che le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello Stato. Con l’art.10 bis, comma decimo, D.L. n.203/2005 il legislatore ha, poi, chiarito che l’introduzione della suddette disposizioni non preclude al giudice contabile di adottare analoga statuizione in caso di proscioglimento, “fermo restando il parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato da esprimere sulle richieste di rimborso avanzate all’amministrazione di appartenenza”.
Pertanto, é principio consolidato nella giurisprudenza di Cassazione che la domanda di rimborso delle spese che eccedono quelle liquidate dalla Corte dei conti è devoluta al giudice ordinario poiché il rapporto sostanziale che s’instaura tra l’incolpato e l’amministrazione di appartenenza è distinto da quello che ha per oggetto le spese regolate nel giudizio di responsabilità contabile. Intercorre, infatti, tra soggetti diversi da quelli del giudizio contabile (da una parte, gli incolpati; dall’altra la loro “amministrazione di appartenenza”) e la decisione resa su di esso non investe il giudizio di responsabilità attribuito alla giurisdizione della Corte dei conti (cfr., testualmente, Cass. civ. n.17014/2003; Cass. civ. n.5918/2011; Cass. civ. n.6996/2010, Cass. civ. n.3887/2020 e Corte cost. n.189/2020).
La domanda di rimborso non si esaurisce con la liquidazione delle spese adottata dalla Corte dei conti, ma per l’intero importo e per l’eccedenza dinanzi al giudice ordinario (cfr. Consiglio di Stato n.3779/2017).
Situazione differente per i dipendenti pubblici, ex art.18, comma primo, D.L. n.67/1997 (per le amministrazioni dello Stato), ed art.67, D.P.R. n.267/1987 (per gli enti locali), che operano a vantaggio dei dipendenti, titolari di un vero e proprio rapporto di impiego, con esclusione dei Sindaci ed amministratori che non sono dipendenti delle rispettive amministrazioni, essendo equiparati ai funzionari onorari (Cass. civ. n.6745/2019; Cass. civ. n.20193/2014; Cass. civ. n.25690/2011).
Nel caso in esame, inoltre, pur non potendo fare riferimento al comma quinto dell’art.86, D.Lgs. n.267/2000 poiché, nel caso in specie, il fatto era accaduto prima dell’avvento della norma che non ha effetto retroattivo (cfr. Cass. civ. n.3887/2020; Cass. civ. n.6745/2019), detta norma dispone che gli enti locali, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, possono assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all’espletamento del loro mandato in caso di conclusione del procedimento con sentenza di assoluzione o di emanazione di un provvedimento di archiviazione, in presenza dei seguenti requisiti:
a) assenza di conflitto di interessi con l’ente amministrato;
b) presenza di nesso causale tra funzioni esercitate e fatti giuridicamente rilevanti;
c) assenza di dolo o colpa grave.
In ogni caso, a differenza delle disposizioni previste per i giudizi amministrativi, penali e civili, un’analoga delimitazione soggettiva è assente nell’art.3, comma 2 bis, D.L. n.543/1996 e la disposizione, con formula ampia, riconosce il diritto al rimborso a favore di tutti coloro che siano assoggettati al giudizio contabile dinanzi alla Corte dei conti, conclusosi con il proscioglimento. Tra tali soggetti vanno ricompresi anche gli amministratori comunali e i Sindaci.
In definitiva, correttamente la Corte d’appello ha ritenuto che al Sindaco spettasse il rimborso delle somme versate al difensore in eccedenza rispetto a quanto liquidato nel giudizio contabile poiché il succitato art.3, a differenza delle altre disposizioni precedentemente richiamate, che invece si applicano solo ai dipendenti, opera a vantaggio di tutti i soggetti sottoposti al controllo contabile, inclusi gli amministratori e i sindaci degli enti locali.
Sulla contestazione dell’Assicuratore, infine, che aveva respinto l’azione di manleva, sulla base dell’asserita inoperatività della polizza circoscritta al risarcimento del danno da fatto illecito commesso con colpa o dolo accertata con sentenza passata in giudicato, la S.C. osservava che, nel caso in specie, era stato omesso l’esame della clausola di tutela legale contenuta nell’appendice di polizza, che includeva nella garanzia anche il rimborso delle spese del giudizio contabile, senza alcuna franchigia.
In riferimento, poi, alla violazione degli artt.1362 e 1891 c.c. concernente l’assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta, ove i diritti derivanti dalla polizza potevano essere esercitati solo dall’assicurato (il Sindaco) e non dal contraente (il Comune), la S.C. ha ribadito che non é affatto escluso che il contratto, disciplinato dall’art.1891 c.c. ed in coerenza con la norma, consenta all’assicurato di autorizzare il Comune (contraente) ad avvalersi della copertura.
“Come ha evidenziato anche la Corte di merito, la previsione del comma secondo dell’art.1891 c.c., prevede che il contraente possa far valere in nome proprio i diritti dell’assicurato con l’espresso consenso di questi (e quindi può anche richiedere l’indennizzo), configurandosi un’ipotesi di sostituzione che trova titolo in uno specifico mandato (Cass. civ. n.4656/2006; Cass. civ. n.13456/2004; Cass. civ. n.9053/2007; Cass. civ. n.28695/2011).”.