La Cassazione Civile n.12446/2020 ha riepilogato i confini, ridisegnati dalla Corte Costituzionale, in relazione alla responsabilità civile del datore di lavoro nei confronti dei prestatori di lavoro. Con l’art.38 Cost. si intende garantire alle vittime di infortuni, mezzi adeguati alle loro esigenze di vita, ma la quantità del ristoro attribuita va parametrata ad un canone certo come, nel caso di specie, che attiene il grado di riduzione dell’integrità fisica. La stessa Corte ha chiarito, inoltre, che la formula “coloro che il datore ha incaricato della direzione o sorveglianza del lavoro”, comprende ogni lavoratore delle cui azioni il datore debba rispondere, ai sensi dell’art.2049 c.c. e, infine, ha eliminato la cd. pregiudiziale penale permettendo che l’accertamento del fatto reato possa essere compiuto dal giudice civile anche nei casi in cui il procedimento penale nei confronti del datore di lavoro o di un suo dipendente si sia concluso con proscioglimento in sede istruttoria o vi sia provvedimento di archiviazione.

In applicazione, inoltre, dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità circa la responsabilità omissiva, negli infortuni sul lavoro, attribuita al datore di lavoro, ai sensi dell’art.2087 c.c., la posizione di garanzia “…. si fonda sulla necessità di evitare che si verifichino eventi lesivi dell’incolumità fisica intrinsecamente connaturati all’esercizio dell’attività lavorativa, anche nell’ipotesi in cui siffatti rischi siano conseguenti ad eventuali negligenze, imprudenze e disattenzioni dei lavoratori subordinati, la cui incolumità deve essere protetta con appropriate cautele; …”. Pertanto, “il garante, dunque, ove abbia negligentemente omesso di attivarsi per impedire l’evento, non può invocare, quale causa di esenzione dalla colpa, la legittima aspettativa in ordine all’assenza di condotte imprudenti, negligenti o imperite da parte dei lavoratori, poiché il rispetto della normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l’incolumità del lavoratore anche dai rischi derivanti dalle sue stesse imprudenze e negligenze o dai suoi stessi errori, purché connessi allo svolgimento dell’attività lavorativa”. Il titolare della posizione di garanzia deve valutare i rischi e prevenirli e la sua condotta non è scriminata, in difetto della necessaria diligenza, prudenza e perizia, da eventuali responsabilità dei lavoratori mentre “….il datore di lavoro non può essere considerato esente da responsabilità ove il lavoratore esplichi un incombente che, anche se inutile ed imprudente, rientri comunque nelle sue attribuzioni e non risulti eccentrico rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate, nell’ambito del ciclo produttivo”.

Quando il lavoratore, dunque, espleta mansioni non straordinariamente eccentriche rispetto a quelle ordinariamente affidategli, la causa dell’infortunio è sempre ricollegabile alla struttura organizzativa apprestata dal datore di lavoro ed alla posizione di garanzia assunta dal datore di lavoro stesso. Il datore di lavoro, infatti, “…quale responsabile della sicurezza, ha l’obbligo non solo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all’art.2087 cod. civ., egli è costituito garante dell’incolumità fisica dei prestatori di lavoro”.

Per quanto concerne, infine, l’eventuale “delega di funzioni” conferita dal datore di lavoro ad un preposto, in materia di infortuni sul lavoro, “.. l’onere della prova circa l’avvenuto conferimento di detta delega e del conseguente trasferimento ad altri soggetti degli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza incombenti sul datore di lavoro grava su chi l’allega, trattandosi di una causa di esclusione di responsabilità (Cass. pen. n.44141/2019).”

Nel ricorso, in specie, la Compagnia di assicurazione aveva, infine, contestato all’assicurato (datore di lavoro) che la polizza di assicurazione per la R.C.O. (responsabilità civile verso i prestatori di lavoro) non fosse operante, “..in mancanza della condizione che l’assicurato fosse in regola, al momento del sinistro, con gli obblighi di assicurazione di legge, posto che l’autore materiale della condotta non era stato assunto regolarmente;”.

La Suprema Corte, sul tema, osservava:
“l’esclusione dell’operatività della copertura assicurativa prevista dall’art.14 lett. B) delle condizioni generali di contratto con riguardo alla responsabilità civile verso i prestatori di lavoro (RCO), riportate integralmente in ricorso, stabilisce, tra l’altro, che la società assicuratrice si obbliga a tenere indenne l’assicurato quale civilmente responsabile per infortuni sofferti da prestatori di lavoro da lui dipendenti addetti alle attività per le quali è prestata assicurazione, per i danni cagionati a prestatori di lavoro ed al di fuori delle ipotesi coperte dal d.p.r. n.1124 del 1965 […] a condizione che, al momento del sinistro, l’Assicurato sia in regola con gli obblighi dell’assicurazione di legge […] ; l’art.21 delle citate condizioni generali prevede, inoltre, che l’assicurazione comprende la responsabilità civile personale dei dipendenti dell’assicurato per danni involontariamente cagionati a terzi o ad altri dipendenti e relativamente a tale estensione di garanzia la copertura è resa alle stesse condizioni di cui al citato art.14; la relazione esistente tra le due disposizioni rende evidente che la logica della copertura assicurativa è quella di operare in relazione alla responsabilità dell’imprenditore nello spazio non coperto dalla copertura assicurativa pubblica prestata dall’Inail; dunque, la condizione della regolarità degli obblighi assicurativi, prevista dall’art. 14 cit., non può che riferirsi all’obbligo assicurativo relativo al lavoratore danneggiato, così coprendosi quei profili di danno risarcibili, ma non oggetto di indennizzo da parte dell’Inail; la sentenza impugnata, laddove ha genericamente riferito l’operatività della esclusione della copertura a qualsiasi irregolarità contributiva, ha violato i criteri di interpretazione dettati dall’art.1362 c.c., che impone di indagare la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole, e dell’art.1364 c.c., che richiede l’interpretazione complessiva delle clausole;” .