
Un’azienda deteneva, in locazione, un opificio di proprietà di un Consorzio per lo Sviluppo Industriale ed a seguito di un incendio che aveva colpito gli impianti, le macchine, le attrezzature, le materie prime, i semilavorati ed prodotti finiti ivi utilizzati e riposti, chiedeva il risarcimento del danno patito a detto Consorzio, ai sensi degli artt.1574, 1577 e 2051 c.c..
La questione giuridica proposta, nel caso in specie, a Cass. civ. n.19534/2019 atteneva, di conseguenza, l’individuazione del soggetto responsabile e di come dovesse essere regolata la responsabilità per i danni derivanti dall’incendio di un edificio, non in sé e per sé considerato, ma per quanto in esso contenuto, quale danno emergente, oltre che per i danni derivanti dall’impossibilità di usare il capannone perito nell’incendio per lo svolgimento dell’attività industriale, quale lucro cessante.
La controversia si dipanava intorno all’applicazione alternativa di due norme: l’art.1588 c.c. e l’art.2051 c.c..
La S.C., nelle sue osservazioni, ricordava che nei rapporti tra l’art.1588 e l’art.2051 c.c., Cass. civ. n.15721/2015 si era già pronunciata per fare chiarezza sui presupposti applicativi delle regole risarcitorie.
In particolare, con detta sentenza, si affermava che: “La struttura dell’art.2051 c.c. non contempla quindi gli eventi dannosi che colpiscono la stessa cosa oggetto della custodia, bensì quelli che, per effetto della cosa in custodia, sono subiti da altri beni di terzi o da altre persone. Nella struttura dell’art.2051 c.c., infatti, il danno è procurato dalla cosa ad altro e non a sé stessa (e ne risponde il custode in base al criterio di imputazione costituito dal rapporto di custodia e quindi alla sua relazione con la cosa custodita e al suo dovere di controllo su di essa)”.
Con la stessa pronuncia si chiariva, inoltre, che la responsabilità per custodia in ambito contrattuale “sorge in virtù del rapporto, contrattuale appunto, che si instaura tra chi in virtù del contratto acquista la disponibilità materiale della cosa altrui per un certo periodo di tempo e il suo proprietario che gliela affida, e comprendono gli obblighi risarcitori che sorgono in capo al conduttore (o a chi acquisti la disponibilità materiale della cosa in base al altro rapporto contrattuale) qualora, nel periodo in cui egli ha la disponibilità e quindi il controllo materiale della cosa, la stessa subisca dei danni”.
Gli obblighi di custodia, pertanto, imposti contrattualmente ed espressamente a carico del conduttore, così come del depositario, del mandatario, del sequestratario ecc., ovvero derivanti dall’obbligo di restituzione, di cui all’art.1177 c.c., “sono relativi ai danni che subisce la cosa stessa che il soggetto è tenuto a custodire”.
In conclusione, quindi, : “…..l’obbligo di custodia a carico del conduttore deriva dal combinato disposto dell’art.1590 c.c. (restituzione della cosa locata) con l’art.1177 c.c., e non dall’art.2051 c.c., che ha un differente ambito di operatività (e sulla base del quale può fondarsi la responsabilità del conduttore o del proprietario o di entrambi, a delle fattispecie, verso i terzi per i danni provocati nei loro confronti dalla cosa in custodia (…)”.
Da detta decisione, continuava la S.C., è possibile distinguere gli ambiti delle norme di cui si controverte nel caso di specie.
“L’art. 1588 della c.c. è una disposizione che, collegata alla necessità di un uso diligente della cosa locata da parte del detentore, disciplina la responsabilità del conduttore verso il locatore e verso i terzi per i danni derivanti dalla perdita e dal deterioramento della cosa avvenuti durante lo svolgimento della locazione, che non siano accaduti per cause a lui non imputabili”, ma nel caso in esame, l’azienda pretendeva di essere risarcita dal succitato Consorzio quale custode, non per i danni alla cosa locata, ma per quelli subiti a causa dell’incendio dai beni propri (danno emergente) e per il lucro cessante derivante dall’impossibilità di svolgere nell’immobile perito nell’incendio la relativa attività industriale.
Per poter, quindi, asserire detta responsabilità nei confronti del Consorzio per lo sviluppo industriale, l’azienda avrebbe dovuto provare i presupposti per invocare la responsabilità per cose in custodia di cui all’art. 2051 c.c. e cioè la permanenza di un obbligo di custodia in capo alla locatrice, nonostante il bene oggetto della custodia fosse stato concesso in locazione e quindi il potere d’uso fosse stato trasferito ad altri, nonché il nesso di derivazione causale tra l’omessa custodia ed il danno lamentato.
“La nozione di custodia non è oggetto di definizione normativa, la sua specificazione è stata affidata alla giurisprudenza, la quale, ad esempio, proprio nel caso di immobile locato ha ritenuto che il proprietario conservi la disponibilità giuridica e quindi la custodia delle strutture murarie e degli impianti” (tra le varie, Cass. civ. n.30839/2018; Cass. civ. n.23945/2009; Cass. civ. n.6753/2004; Cass. civ. n.2422/2004).
“La responsabilità ex art.2051 c.c., invece, è posta a carico del conduttore per i danni cagionati dalle parti ed accessori del bene locato, di cui il conduttore abbia la piena disponibilità con facoltà od obbligo di intervenire allo scopo di evitare pregiudizio a terzi” (Cass. civ. n.16422/2011).
Diventava, quindi, decisivo per il caso in esame accertare se detto Consorzio avesse “il governo” di un determinato bene nei termini sopra precisati.