
Sussistono i presupposti per l’applicazione del Codice del consumo ai prodotti difettosi nell’ambito di quanto disposto dall’art.128 cod. cons. ove per “bene di consumo” si intende “qualsiasi bene mobile” e per “venditore” si intende “qualsiasi persona fisica o giuridica pubblica o privata che, nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, utilizza i contratti di cui al comma 1” (contratti di vendita, permuta, somministrazione, appalto etc.).
Gli strumenti, quindi, predisposti con gli artt.129 e ss. cod. cons., in tema di garanzia per i vizi dei beni oggetto di vendita, si aggiungono, quale maggior tutela, alle disposizioni civilistiche dettate agli artt.1490 e ss. del codice civile. La Cassazione Civile n.26158/2021 ha così ripercorso le tematiche della responsabilità del venditore nei riguardi del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene allorché tale difetto si palesi entro il termine di due anni dalla predetta consegna.
Il difetto di conformità consente al consumatore di esperire i vari rimedi contemplati all’art.130 cod. cons. che sono graduati secondo un ben preciso ordine, in primo luogo, proporre al proprio dante causa la riparazione ovvero la sostituzione del bene e, solo in secondo luogo, alle condizioni contemplate dal comma 7 art.130 cod. cons. richiedere una congrua riduzione del prezzo oppure la risoluzione del contratto.
Per poter usufruire di tali diritti, il consumatore ha l’onere di denunciare al venditore il difetto di conformità nel termine di due mesi decorrente dalla data della scoperta del difetto stesso.
Detto Codice prevede, inoltre, una presunzione a favore del consumatore di cui al terzo comma dell’art.132 cod. cons., per cui si presume che i difetti di conformità che si manifestino entro sei mesi dalla consegna del bene, siano sussistenti già a tale data, salvo che l’ipotesi in questione sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità.
Un presunzione, pertanto, superabile solo con una prova contraria e cioè che ove il difetto si manifesti entro tale termine, il “consumatore” deve semplicemente provare la sussistenza del vizio mentre il “venditore” deve provare la conformità del bene consegnato rispetto al contratto di vendita.
Solo ove detta prova sia stata fornita, spetta al compratore dimostrare l’esistenza di un vizio o di un difetto intrinseco della cosa ascrivibile al venditore ( Cass. civ. n.21927/2017; Cass. civ. n. 20110/2013).
Sulla base di tale quadro normativo, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ritiene che “la responsabilità da prodotto difettoso abbia natura presunta, e non oggettiva, poiché prescinde dall’accertamento della colpevolezza del produttore, ma non anche dalla dimostrazione dell’esistenza di un difetto del prodotto. “.
Spetta, quindi, al soggetto danneggiato (ex art.120 cod. cons.) la prova del collegamento causale non già tra prodotto e danno, bensì tra difetto e danno e, una volta fornita tale prova, incombe sul produttore (ex art.118 cod. cons.) la corrispondente prova liberatoria, consistente nella dimostrazione che il difetto non esisteva nel momento in cui il prodotto veniva posto in circolazione, o che all’epoca non era riconoscibile in base allo stato delle conoscenze tecnico-scientifiche (Cass. civ. n.29828/2018).
Il consumatore ha il solo onere di denunciare il difetto di conformità, che è da considerarsi assolto nel momento in cui egli comunichi tempestivamente al venditore l’esistenza del difetto di conformità, non occorrendo che venga altresì fornita la prova di tale difetto, né che venga indicata la causa precisa di tale difetto. (vds anche Cass. civ. n.13148/2020).