La Cassazione Civile n.4771/2018, in tema di accertamento della contraffazione del marchio e di risarcimento del danno, ha ripercorso le vicende normativo-giurisprudenziali sull’argomento, ricordando quanto affermato dalle Sezioni Unite Cass. civ. n.13570/2016: “… il marchio comunitario è il segno distintivo di un prodotto o di un servizio valido per tutti i paesi dell’Unione – nel marchio internazionale il rilascio, ai sensi dell’accordo di Madrid, avviene a seguito di una procedura unificata di deposito che sfocia nel conferimento di una pluralità di distinti marchi nazionali che producono, in ciascuno Stato gli stessi effetti della domanda di registrazione di un marchio nazionale che fosse ivi direttamente depositato. Il presupposto essenziale perché si possa procedere al deposito di un marchio internazionale è l’esistenza di un marchio nazionale che sia stato registrato nello Stato di origine, quale Stato membro dell’accordo di Madrid; tra il marchio nazionale di base ed il marchio internazionale sussiste dunque un rapporto di interdipendenza, dovendo quest’ultimo essere identico al marchio nazionale di base (onde qualora il marchio nazionale sia dichiarato nullo per qualsiasi motivo o anche solo venga ritirato, automaticamente viene meno il corrispondente marchio internazionale).Le Sezioni unite hanno precisato, inoltre, che se un “marchio” dà luogo ad una moltitudine di marchi nazionali, occorre fare riferimento alla disciplina di ciascuno Stato, sia nella fase di registrazione che nella fase successiva (dopo la registrazione), per l’applicazione delle ipotesi di nullità, decadenza e per la difesa giudiziale della privativa.

L’acquisto dei diritti in materia di marchi d’impresa, derivano dall’integrazione di due distinte fattispecie complesse, quella “brevettuale” e quella di “fatto”. Quella brevettuale «è costituita dall’atto creativo del segno distintivo (parola, figura o segno, atti a contraddistinguere prodotti o merci), dal procedimento di registrazione del segno (fattispecie costitutiva), e, ulteriormente ed eventualmente, dal trasferimento del marchio insieme con l’azienda o ramo di essa (fattispecie traslativa)».

Il titolare del marchio viene tutelato, al momento della sua registrazione, come previsto dall’art.2, comma 1, cod. prop. ind., secondo cui i «diritti di proprietà industriale si acquistano mediante brevettazione, mediante registrazione o negli altri modi previsti dal presente codice. La brevettazione e la registrazione danno luogo ai titoli di proprietà industriale», mentre per la nullità del marchio deve intendersi il venir meno degli effetti della sua registrazione, dopo che la nullità venga dichiarata.

Con la registrazione, pertanto, si dispiegano tutti gli effetti della tutela marchio, anche quando non risponda ai requisiti legali, per cui solo quando la registrazione sia dichiarata invalida, si verifica la conseguente perdita, da parte del titolare, delle relative tutele, di cui fino ad allora egli avrà goduto, persino allorché venga in seguito dichiarata l’illiceità.

La S.C. osserva, ancora, che secondo il sistema attuale, dal combinato disposto degli artt.14 e 25 del Codice della proprietà industriale, si evincono plurime ipotesi di “nullità del marchio”.

“..La legge annovera tradizionalmente, invero, entro tale nozione la sua illiceità, in quanto esso sia composto da segni contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume (art.14, comma 1, lett. a e art.25, lett. b cod. prop. ind.).

Ma ad essa è ricondotta una serie di altre ipotesi eterogenee, quali l’essere il marchio costituito da segni non suscettibili di venire rappresentati graficamente o che non siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese (art.7 cod. prop. ind.), da ritratti di persone, nomi e segni notori fuori dai limiti in cui possono divenire marchi (art.8 cod. prop. ind.), il cd. marchio di forma (art.9 cod. prop. ind.), lo stemma d’interesse pubblico (art.10 cod. prop. ind.), la mancanza dei requisiti della novità (art.12 cod. prop. ind.) e del carattere distintivo (art.13 cod. prop. ind.), o, addirittura, la mala fede in capo a colui che abbia presentato la domanda (art.19, comma 2 cod. prop. ind.) o se il brevetto è stato rilasciato oppure la registrazione è stata effettuata a nome di persona diversa dall’avente diritto (art.118, comma 3, lett.b cod. prop. ind.).

Nel diritto interno, può agire per ottenere detta declaratoria qualsiasi soggetto interessato o il pubblico ministero, oppure, nell’ipotesi di preesistenza di diritti anteriori, solo il relativo titolare (art.122 cod. propr. ind.). Invero, l’art.122 cod. prop. ind., nel disciplinare la legittimazione all’azione di nullità e di decadenza di un titolo di proprietà industriale, afferma che essa «può essere esercitata da chiunque vi abbia interesse e promossa d’ufficio dal pubblico ministero. In deroga all’art.70 del codice di procedura civile l’intervento del pubblico ministero non è obbligatorio».

Prosegue il secondo comma stabilendo che l’azione diretta ad ottenere la dichiarazione di nullità di un marchio per la sussistenza di diritti anteriori o per violazione dell’altrui diritto d’autore, di proprietà industriale o altro diritto esclusivo, per violazione del diritto al nome o al ritratto, oppure perché la registrazione del marchio è stata effettuata a nome del non avente diritto, «può essere esercitata soltanto dal titolare dei diritti anteriori e dal suo avente causa o dall’avente diritto»”.

La norma, in tema di legittimazione, non compie alcun riferimento circa la rilevabilità d’ufficio del Giudice, stante che l’art.121 cod. prop. ind. stabilisce che «l’onere di provare la nullità o la decadenza del titolo di proprietà industriale incombe in ogni caso a chi impugna il titolo», in coerenza con la disciplina comunitaria, che esclude il potere di rilievo d’ufficio e limita la stessa legittimazione a far valere la nullità di un marchio, “ ..l’art.95 del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n.40/94, sul marchio comunitario, ed, ora, gli artt. 52 ss. del Regolamento (CE) n.207/2009 del Consiglio 26 febbraio 2009 (versione codificata) escludono il rilievo di nullità del marchio in difetto di una specifica domanda od eccezione del convenuto (art.95 cit.: «Presunzione di validità – Difesa nel merito. 1. I tribunali dei marchi comunitari considerano valido il marchio comunitario a meno che il convenuto ne contesti la validità mediante una domanda riconvenzionale di decadenza o di nullità»). … “ Del pari, l’art.85 del Regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001 su disegni e modelli comunitari, intitolato «Presunzione di validità – Difesa nel merito», al paragrafo 1 dispone che «Nei procedimenti relativi alle azioni per contraffazione o relative alla minaccia di contraffazione di un disegno o modello comunitario registrato i tribunali dei disegni e modelli comunitari considerano valido il disegno o modello comunitario. La validità può essere contestata unicamente mediante domanda riconvenzionale di nullità. Tuttavia, l’eccezione di nullità del disegno o modello comunitario sollevata in forma diversa dalla domanda riconvenzionale è ammissibile solo se ed in quanto il convenuto chieda la dichiarazione di nullità del disegno o modello comunitario facendo valere l’esistenza di un proprio diritto nazionale anteriore a norma dell’articolo 25, paragrafo 1, lettera d, cod. prop. ind.» (cfr., al riguardo, fra le altre, Corte giustizia Unione Europea, Sez. I, sentenza 16 febbraio 2012, n.488/10).”.

In conclusione, la S.C. ha affermato il seguente principio di diritto: “In ragione della presunzione semplice di validità dell’avvenuta registrazione del marchio in presenza dei requisiti previsti dalla legge, il giudice non può rilevarne d’ufficio la nullità, conservando peraltro, nei casi previsti dall’ art.122, comma 1, lett.c cod. prop. ind., la facoltà di sollecitare il pubblico ministero per le sue autonome determinazioni in ordine all’esercizio dell’azione.”