Rischi finanziari: Fondo previdenza complementare – il t.f.r. del dipendente ed il fallimento del datore di lavoro

La disciplina delle forme pensionistiche complementari, nell’ambito dell’art.38 Cost., al pari della previdenza obbligatoria, trova riferimento normativo nel d.lgs. 5 dicembre 2005, n.252, in attuazione della legge-delega n.243 del 2004, che ha operato una riforma organica del settore. Il finanziamento delle forme pensionistiche complementari è attuabile mediante il versamento di contributi a carico del lavoratore, del datore di lavoro e del committente o anche attraverso il conferimento del t.f.r. maturando (art.8, comma 1, d.lgs. n.252/2005). Queste risorse vengono gestite dai Fondi, secondo le modalità previste dall’art.6, d.lgs. n.252/2005 e costituiscono la provvista delle prestazioni erogate a norma del successivo art.11, d.lgs. n.252/2005. L’adesione al fondo, vincola la partecipazione individuale fino alla maturazione dei requisiti per la riscossione delle prestazioni pensionistiche, fatta salva la previsione statutaria o regolamentare del fondo circa la possibilità di riscatto della posizione individuale, ai sensi dell’art.14, comma 1, d.lgs. n.252/2005 nonché la facoltà di ottenere anticipazioni della posizione individuale maturata, a norma dell’art.11, comma 7, d.lgs. n.252/2005). Con l’art.14, comma 6, d.lgs. n.252/2005 si prevede, infine, la cd. “portabilità” dell’intera posizione individuale e cioè la facoltà del suo trasferimento ad un’altra forma di previdenza complementare. Il tema affrontato dal Cass. civ. n.17704/2022 attiene la questione della … Continua a leggere...