
La Cassazione civile si è più volte soffermata ad analizzare la fattispecie giuridica della polizza assicurativa c.d. “Unit linked” e negli ultimi e recenti anni ne ha tracciato le caratteristiche alla luce della normativa in vigore.
Il perimetro giuridico entro il quale la polizza “Unit linked” viene annoverata tra i contratti assicurativi “vita” é stata ribadito dalla Cassazione Civile n.6319/2019 secondo la previsione generale contenuta nell’art.2, D.Igs. n.209/2005. In questa fattispecie, l’obbligazione principale dell’assicuratore è collegata al valore di organismi di investimento del risparmio o di fondi interni o comunque ad indici predeterminati di riferimento che non comportano, in automatico, l’inclusione di tali polizze nello schema legale degli artt.1882, 1883, 1884 e 1885 c.c. e cioè del contratto di assicurazione. A tal fine, infatti, deve essere presente l’elemento del trasferimento del rischio dall’assicurato all’assicuratore, la cui assenza può essere causa di nullità. Rientrano, pertanto, nel novero dei contratti di assicurazione, di cui all’art.1882 c.c., le polizze che operano la sostituzione della prestazione fissa dell’assicuratore con una variabile, agganciata a parametri di mercato, ma che mantengono comunque il rischio demografico. In tal caso, pur attuandosi un parziale trasferimento del rischio dall’assicuratore sull’assicurato in ordine al valore finale della prestazione, il contratto mantiene comunque una funzione assicurativa, individuabile quale causa concreta del contratto.
Il precedente orientamento di Cass. civ. n.6061/2012, affermava che il contratto di assicurazione sulla vita, stipulato prima dell’entrata in vigore della legge 28 dicembre 2005, n.262 e del d.lgs. 29 dicembre 2006 n.303, nel caso preveda che le somme corrisposte dall’assicurato a titolo di premio vengano versate in fondi d’investimento interni o esterni all’assicuratore e che alla scadenza del contratto o al verificarsi dell’evento in esso dedotto, l’assicuratore é tenuto a corrispondere all’assicurato una somma pari al valore delle quote del fondo mobiliare (polizze denominate unit linked), sarà necessario stabilire se siano state violate le regole di leale comportamento previste dalla specifica normativa e dall’art.1337 cod. civ.. Al di là, quindi, della denominazione attribuita, bisognerà verificare se trattasi di polizza assicurativa sulla vita in cui il rischio avente ad oggetto un evento dell’esistenza dell’assicurato è assunto dall’assicuratore oppure si ravvisi un mero investimento in uno strumento finanziario ove il rischio di “performance” sia per intero a carico dell’assicurato.
Per verificare se le pattuizioni contrattuali di una polizza “Unit linked” soddisfino dette caratteristiche, si dovrà fare riferimento all’art.9 del regolamento ISVAP n.32 del 2009 che prevede:
“1. i contratti classificati nel ramo III di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto, sono caratterizzati dalla presenza di un effettivo impegno da parte dell’impresa a liquidare prestazioni il cui valore sia dipendente dalla valutazione del rischio demografico.
2. Le imprese nella determinazione delle coperture assicurative in caso di decesso tengono conto, ai fini del rispetto del principio di cui al comma 1, dell’ammontare del premio versato dal contraente”.
L’art.6 del Regolamento ISVAP n.29/2009, inoltre, ricalca la formulazione della norma sopra richiamata, prevedendo che “1. Sono ricompresi nel ramo vita III, se direttamente collegati a fondi di investimento ovvero ad indici azionari o altri valori di riferimento, solo i contratti di assicurazione sulla durata della vita umana di cui al ramo I;
3. I contratti di cui al comma 1 sono caratterizzati dalla presenza di un effettivo impegno da parte dell’impresa a liquidare, per il caso di sopravvivenza, per il caso di morte o per entrambi, prestazioni assicurate il cui valore, o quello dei corrispondenti premi, sia dipendente dalla valutazione del rischio demografico”.
Alla luce di quanto osservato, la S.C., pertanto, ha affermato il seguente principio di diritto:
“nelle polizze unit linked, caratterizzate dalla componente causale mista (finanziaria ed assicurativa sulla vita ), anche ove sia prevalente la causa “finanziaria”, la parte qualificata come “assicurativa” deve comunque rispondere ai principi dettati dal codice civile, dal codice delle assicurazioni e dalla normativa secondaria ad essi collegata con particolare riferimento alla ricorrenza del “rischio demografico” rispetto al quale il giudice di merito deve valutare l’entità della copertura assicurativa che, avuto riguardo alla natura mista della causa contrattuale, dovrà essere vagliata con specifico riferimento all’ammontare del premio versato dal contraente, all’orizzonte temporale ed alla tipologia dell’investimento.
Il giudice di merito dovrà valutare, con adeguata e logica motivazione se, in relazione a tali indici, la misura prevista sia in grado di integrare concretamente il “rischio demografico”.
Sempre sulle polizze vita a contenuto finanziario si è espressa la Cassazione civile n.29583/2021 per cui in tali polizze, ove risulti preponderante l’investimento rispetto alla componente “rischio morte” e/o quella demografica-previdenziale, al posto dell’obbligo restitutorio (es. somma a familiari ovvero a terzi al momento della propria morte e nessun rischio di perdita del capitale), si conferisce una sorta di mandato di gestione del denaro investito e l’investitore matura il diritto al mero risultato di gestione che quindi varia in base a una serie di fattori: l’andamento del mercato, dei titoli investiti, ecc.. Il riferimento attiene, in particolare, le polizze “unit e index linked” il cui rendimento, nel primo caso, è parametrato all’andamento di fondi comuni d’investimento e, nel secondo, ad indici di vario tipo, generalmente titoli azionari. L’elemento, quindi, caratterizzante tale tipologie di polizze è dunque il rischio finanziario, che, nelle così dette linked “pure” grava interamente sull’assicurato, poiché la compagnia non garantisce né la restituzione del capitale, né eventuali rendimento minimi.
La Corte di giustizia tributaria del Piemonte n.1038/2022, poi, proprio in relazione alla sentenza di Cass. civ. n.6319/2019 ed in riferimento alle polizze vita miste ed in particolare per la c.d. polizza “Key man”, ha stabilito:
“La polizza di assicurazione sulla vita cosiddetta Key Man dell’azienda, finalizzata a sostenere economicamente la stessa nella eventualità di una prematura scomparsa di un suo collaboratore è quella ove l’azienda si protegge dal rischio di perdita prematura di personale fondamentale dietro pagamento di un premio annuale, da corrispondere alla compagnia in cambio di un indennizzo che sarà versato all’azienda nel caso di premorienza dell’assicurato. La polizza stipulata di tipo misto, parte assicurativa, parte finanziaria, ove il capitale versato garantisce anche la rivalutazione dello stesso con un rendimento minimo, non può integralmente dedursi, perché la parte finanziaria, pur inerente, all’attività di impresa e legittima dal punto di vista economico e civilistico, nulla ha a che vedere con l’aspetto assicurativo vita di cui è chiesta la deduzione come spesa. Ne consegue che va scorporata la parte di tutela demografica da quella finanziaria che costituisce un mero strumento finanziario dell’azienda.”.